Si dice che Elon Musk sia un bontempone. Scherza coi giornalisti, chiama il figlio X Æ A-12, vuole colonizzare Marte. L’eccentricità di quell’uomo è sorprendente: gli basta un tweet per influenzare l’andamento del mercato – bitcoin e Signal docent. Dieci anni fa, nessuno credeva che dei Falcon potessero atterrare da soli dopo il lancio, per essere riutilizzati una seconda volta. Nell’estate del 2019 disse che l’unico modo veloce per terraformare il Pianeta rosso fosse bombardare i poli del pianeta con migliaia di testate nucleari. Un gioco ambizioso che però – contrariamente a quanto si pensa – potrebbe non valere la candela.
Quanto ci vuole a creare un’atmosfera?
Ora, immaginiamo che un paese come gli USA svuoti i propri arsenali nucleari sui poli di Marte, cosa già di per sé impensabile per via della deterrenza e il fallout radioattivo. L’obiettivo sarebbe comunque quello di sprigionare calore per sciogliere le calotte polari, formando vapore acqueo e provocando insieme al CO2 e altri gas un effetto serra. Quindi un aumento di temperatura. Quest’operazione chirurgica può avvenire in molti modi; nell’ordine di migliaia di anni per i più pessimisti, centinaia se si considerano i metodi più rapidi.
Sono infatti i poli, ricchi di ghiaccio, a contenere la chiave per la terraformazione. Per gli esperti americani Bruce Jakosky e Christopher Edwards, l’aumento della temperatura sarebbe l’innesco di tutti quei meccanismi necessari a ricreare l’habitat in cui viviamo. Altro requisito è l’addensamento dell’atmosfera, ossia renderla meno rarefatta rispetto ai livelli attuali. Una maggiore densità comporterebbe una maggior pressione e, quindi, il mantenimento dell’acqua allo stato liquido. Marte infatti possiede appena il 38% dell’atmosfera e l’1% della pressione terrestre. Dovrebbe avere il triplo dell’atmosfera attuale per impedire all’acqua di non evaporare nel nulla una volta salita in superficie. E, ancora, per permettere a una persona di togliere la tuta pressurizzata senza rischiare la vita.

Il problema è strutturale
Con il passare del tempo, tuttavia, l’atmosfera di Marte è progressivamente scomparsa in un processo lento e costante. É probabile che in passato fosse più fitta, ma l’assenza di un campo magnetico ha impedito che si mantenesse stabile intorno al pianeta. La Terra, per esempio, possiede un campo magnetico sufficiente a deviare il corso del vento solare – un continuo flusso di particelle elettricamente cariche che il Sole emana in tutte le direzioni impattando tutto ciò che incontra, compresi i corpi celesti. Se questo si indebolisse fino a scomparire, il vento solare riuscirebbe a “raschiare” la maggior parte delle molecole che compongono la nostra atmosfera, rendendo la Terra inospitale. Lo stesso effetto che ha subìto Marte.
Di conseguenza, la prospettiva di una vera e propria terraformazione di Marte è leggermente irrealizzabile. Leggermente perché una delle soluzioni cruciali sarebbe quella di creare un campo magnetico, condizione necessaria ma non sufficiente. Uno studio del Planetary Science Division della NASA del 2017 ha dimostrato che potrebbe essere realizzata una magnetosfera artificiale frapponendo tra Marte e il Sole uno scudo magnetico, che sarebbe fondamentale per proteggere eventuali equipaggi umani dalle radiazioni provenienti dal Sole. Ciò non basterebbe però, in quanto la gravità marziana è il 38% di quella terrestre. Il tentativo di rinfoltirne l’atmosfera rischierebbe di essere vano, perché il pianeta non riuscirebbe comunque a trattenere i gas più leggeri.

Fonte: NASA
L’essere umano andrà su Marte, senza togliersi il casco
In fin dei conti, nei prossimi 50 anni gli Stati che se lo potranno permettere dispiegheranno basi sul Pianeta rosso, in primis gli Stati Uniti. Si tratterà solamente di basi, funzionali all’esplorazione e quindi all’estrazione delle risorse minerarie in loco. Altamente fragili di fronte ai numerosi imprevisti che caratterizzano le ordinarie missioni spaziali. Gli equipaggi delle future missioni immaginate da Space X e NASA dovranno convivere in un ambiente artificiale, contando solo sulle proprie apparecchiature, specie quelle finalizzate alla produzione di ossigeno ed acqua. Il tutto dopo un viaggio di sei mesi in una condizione di perenne microgravità, esposti alle radiazioni solari. Dal punto di vista logistico, una strategia sensata dovrebbe prima prevedere l’invio di alcuni moduli di una stazione spaziale, che possano facilitare la ricezione dei rifornimenti, oltre che fungere da “scialuppa di salvataggio” in caso di emergenza. Ad ogni modo, progetti molto dispendiosi.

Fonte: National Geographic
«To say NASA has a strategy for going to Mars is really an insult to the word ‘strategy’».
Robert Zubrin, fondatore di Mars Society
Il fatto è che la Terra si sta surriscaldando e le risorse sono sempre più risicate. L’esigenza di trovare un surrogato al nostro pianeta, anche come base coloniale per l’estrazione mineraria, si fa più nitida nella mente di chi gioca la partita della corsa allo spazio. Ma la colonizzazione di Marte nell’arco dei prossimi 50 anni dipenderà da come USA, Russia e Cina riusciranno a gestire l’esperimento coloniale sulla Luna, che comincerà molto presto. Sarà una dura palestra per gli step successivi, comprovando o meno la capacità umana di sopravvivere in un luogo inospitale, lontano da casa e con una tuta pressurizzata addosso.
Articolo di Umberto Merlino