Una grande occasione per giocare da protagonisti in un mondo che cambia sempre più fretta. Potremmo riassumere così le parole pronunciate dal Presidente della Repubblica sull’avvio della presidenza italiana del G20. Era il 19 dicembre e Mattarella interveniva alla cerimonia per lo scambio degli auguri di fine anno con il Corpo Diplomatico, a Palazzo Chigi. Appena un mese dopo, si è aperta formalmente la crisi di governo e l’attenzione di tutti è stata attratta dalle consultazioni al Quirinale. Ancora oggi ne parliamo sostanzialmente poco, eppure – tra G20 e COP26 – quest’anno l’Italia ha davvero molta visibilità sul piano della diplomazia e della cooperazione internazionale.
Il Gruppo dei 20
Innanzitutto, dicevamo, c’è da presiedere il prossimo G20, che si terrà a Roma il 30 e 31 ottobre. Ogni anno, infatti, si riuniscono quei paesi che insieme rappresentano l’80% del PIL globale. Nato nel 1999 come occasione di incontro tra i ministri delle Finanze e i presidenti delle Banche Centrali, dal 2008 vede invece la partecipazione dei capi di Stato e di Governo. Nel tempo è cambiato anche il focus del forum: all’inizio, la discussione ruotava esclusivamente attorno a temi di carattere economico-finanziario, ora si tende a includere temi più trasversali – come la parità di genere, la rivoluzione del digitale o la lotta al cambiamento climatico.

L’importanza strategica del prossimo summit
Se consideriamo che l’anno scorso il G7 era stato annullato proprio a causa del COVID-19 e che il G20 di Riyadh si era invece tenuto in videoconferenza, allora il prossimo incontro delle venti maggiori potenze mondiali acquisisce ulteriore centralità. Anche perché, nel frattempo, la pandemia non accenna a rallentare la sua corsa; anzi, obbliga i governi a imporre nuove misure restrittive e mette sotto pressione i sistemi sanitari.
Non è quindi un caso che i lavori del forum, così come gli engagement groups che lo precedono, ruoteranno attorno a tre temi principali: persone, pianeta e prosperità. In poche parole, l’agenda italiana ha scelto come sue priorità la discussione di temi legati alla riduzione delle disuguaglianze sociali e alla transizione ecologica; in più, riconosce l’importanza di un cambio di passo nell’approccio alla tecnologia nei contesti lavorativi e di vita quotidiana.

L’Istituto per gli Studi di Politica Internazionale (ISPI) ha osservato che il G7 di quest’anno – primo evento di rilievo per un Regno Unito post-Brexit, tra l’altro – vedrà la partecipazione di Australia, India e Corea del Sud. È un elemento da considerare dato che
Tutti e tre questi paesi sono democrazie (…) [e] membri del G20. Ciò aumenta le possibili sinergie, con 10 dei 19 Paesi membri del G20 rappresentati o in qualche modo coinvolti anche a livello di G7, e con l’Unione europea che è tradizionalmente rappresentata in entrambi i summit.
Tradotto, quest’anno non ci sono scuse: alle dichiarazioni tipiche di questi forum, devono seguire ancora più politiche pubbliche che certifichino la volontà dei paesi membri di rispettare gli impegni presi. A questo si aggiunge un’altra difficoltà: l’apertura a nuovi temi di dibattito (così come d’abitudine dal 2008) ha reso più difficile raggiungere accordi chiari e condivisi. Insomma, il rischio di inciampare in dichiarazioni estremamente generiche è sempre dietro l’angolo.

La Conferenza sui cambiamenti climatici
C’è un altro evento da tenere d’occhio: la Conferenza delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici (COP26), di cui l’Italia sarà co-presidente. Nella telefonata di ieri tra il Presidente del Consiglio Draghi e il premier britannico Johnson si è parlato anche di questo. La Conferenza delle Parti sulla Convenzione ONU sul cambiamento climatico si terrà a Glasgow dall’1 al 12 novembre 2021 mentre, nelle settimane precedenti, l’Italia ospiterà gli eventi preparatori – compreso il Pre-COP, il vertice dedicato all’attivismo giovanile.
L’obiettivo di questa 26° edizione sarebbe completare il “libro delle regole” dell’Accordo di Parigi. Come spiega Riccardo Liguori su Linkiesta riprendendo alcune affermazioni del giovanissimo delegato alle conferenze ONU sul clima Federico Brocchieri:
Il libro delle regole dell’Accordo di Parigi è l’insieme dei suoi decreti attuativi, che riguardano i requisiti di trasparenza e i meccanismi che affiancheranno le misure di riduzione delle emissioni dei singoli Paesi.
Perchè bisogna agire ora
Per rispettare l’accordo di Parigi del 2016, serve che i governi si decidano ad adottare progetti ambiziosi di sviluppo sostenibile e transizione ecologica. Solo in questo modo si potrà contenere l’innalzamento delle temperature entro i 2°C o, almeno, entro l’1,5°C. La sfida, quindi, è tornare a livelli preindustriali di emissioni.

L’anno scorso si sono susseguiti molti annunci sull’adozione di strategie che portino ad una significativa riduzione delle emissioni già entro il 2030, ma la pandemia ha complicato lo sviluppo di politiche che, per alcuni paesi, non erano considerate di primaria importanza. Oltre a questo, c’è da considerare che la scorsa COP (tenutasi a Madrid nel dicembre 2019) si era conclusa con un nulla di fatto.
Il ruolo chiave dell’UE
Per i cittadini europei, è arrivato un segnale forte da Bruxelles: sono infatti più di 370 i miliardi che l’Europa ha stanziato per l’ecologia nel suo ultimo bilancio a lungo termine. In più, proprio su indicazione della Commissione Europea, le bozze del Recovery and Resiliance Plan dovranno per forza destinare almeno il 37% delle risorse proprio alla transizione ecologica. In un contesto così sfaccettato, il ruolo italiano di co-presidenza della COP26 potrebbe essere un’ottima occasione per presentare una strategia ambientale di ampio respiro.
Per l’Italia, le occasioni per distinguersi sul piano internazionale non mancheranno nei prossimi mesi. Invece, che i partiti italiani e la squadra di governo siano all’altezza delle imminenti sfide diplomatiche è da dimostrare.