Lupin
Fare una distinzione netta tra giusto e sbagliato non è sempre facile, ma spesso non è nemmeno utile. Cercando di capire chi è il buono e chi è il cattivo perdiamo la percezione di ciò che c’è nel mezzo, delle infinite gradazioni che ci sono fra un estremo e l’altro. E se prodotti come Gomorra o Suburra ci hanno insegnato a fare il tifo per i cattivi, la serie di cui parliamo oggi ci ricorda che si può essere contemporaneamente ladri e gentiluomini.
All’ombra di Arsenio Lupin
Lupin, disponibile su Netflix dallo scorso gennaio, è uno di quei rari casi in cui a spopolare in tutto il mondo è una serie non anglofona. Si tratta di una produzione totalmente francese con protagonista Omar Sy, che nel 2011 ha raggiunto la fama internazionale con Intouchables, tradotto in modo più o meno credibile come Quasi amici. La prima volta che ho sentito parlare di questa serie, il discorso era più o meno questo: “Non è possibile che ormai debba esserci sempre la quota di colore, adesso anche Lupin è diventato nero”. Quindi facciamo questa precisazione una volta per tutte: no, Lupin non è nero. Anzi, Lupin neanche c’è, o almeno non in carne e ossa.

Il sottotitolo, dans l’ombre d’Arsene, è abbastanza esplicativo. Il protagonista della serie non è Lupin ma Assane Diop (lui sì, è nero), che svolge una professione né tradizionale né tantomeno legale. Assane ruba, ma definirlo un malvivente non è appropriato. Comunque si voglia definire la sua attività, la svolge con gran classe e con lo sguardo costantemente rivolto al suo idolo Arsenio Lupin. Ha assimilato il modo di muoversi, di pensare e di agire del ladro gentiluomo, traendone gli insegnamenti di vita che non ha potuto trarre dai suoi genitori. Lupin è stato per lui un amico quando non aveva nessun altro, un esempio e forse anche un’ossessione. Fatto sta che anche grazie a lui Assane è diventato ciò che è.
Fra presente e passato
Ma i cinque episodi della serie, che costituiscono in realtà solo metà della prima stagione, non sono tutti concentrati sulle vicende di Assane adulto. Una linea sottile unisce il presente al passato, alla storia di Assane adolescente e poi giovane uomo, di suo padre, delle gioie e delle ingiustizie ricevute. Non si diventa ladri per caso, così come non si diventa per caso gentiluomini, e noi ci addentriamo negli eventi trascorsi proprio per capire quale processo abbia portato a ciò che vediamo nel presente.
Sempre sul filo del tempo è il rapporto fra il protagonista e la famiglia Pellegrini. Si tratta della classica famiglia ricca sfondata tanto di soldi quanto di scheletri nell’armadio, che ovviamente non ha alcuna intenzione di rivelare. E mentre Assane cerca di andare più a fondo nella storia della sua famiglia, quella di Juliette Pellegrini cerca di coprire le proprie malefatte.
Ancora a cavallo tra il presente e il passato è situata la relazione tra Assane e la sua (ex) moglie Claire. L’esistenza di un ladro non deve essere proprio il massimo della tranquillità, e la vita sentimentale non può che essere in pendant. Assane e Claire adolescenti, giovani adulti e al giorno d’oggi, con un figlio adolescente, lottano contro loro stessi, contro l’altro e contro il mondo. E anche dopo i colpi di scena del finale (tranquilli, anche il volume 4 è spoiler free), io ho continuato a chiedermi: è possibile trovare un equilibrio quando il tuo compagno di vita è la versione contemporanea di Arsenio Lupin?
Il velo del razzismo
Torniamo per un attimo al dibattito al quale accennavo prima, quello del colore della pelle del protagonista. Il fatto che Assane sia di colore non è una scelta casuale, anzi. Il razzismo più o meno velato della Parigi bene segna la gioventù di Assane e ne cambia le sorti. A commettere reati non può essere un uomo bianco ricco e rispettabile, ma un uomo nero alle soglie della povertà. Un bambino nero non può studiare nella stessa scuola degli eredi dell’alta borghesia, tutti bianchi ovviamente.

Assane sa cosa significa essere considerati meno degli altri, essere guardati con diffidenza, giudicati. Ma anche grazie ad Arsenio Lupin riesce a crescere come un uomo sicuro di sé, fiero delle proprie origini, anche in una società ostile. Come ho già detto, non si diventa ladri gentiluomini per caso.
Da guardare perché…
Insomma, credo di aver manifestato abbastanza il mio consenso per questa serie. Ora lascio a voi la visione, non prima però dei soliti tre motivi per cominciarla. Motivo numero 1: un episodio tira l’altro. A prescindere dal fatto che cinque episodi siano davvero pochi, questa serie crea dipendenza e non credo che farete passare più di 48 ore prima di finirla. Numero 2: c’è bisogno di più Assane nel mondo. Ok, questa può essere fraintesa. Non sto dicendo che abbiamo bisogno di più ladri, ma semplicemente di persone con la sua etica. Un ladro eticamente corretto? Esatto, proprio così. Numero 3: dobbiamo smetterla di cercare sempre gli eroi senza macchia e senza paura. È facile essere dalla parte di chi si comporta bene, un po’ meno lo è empatizzare con chi fa palesemente qualcosa di sbagliato.
Non è un caso che l’articolo si chiuda con questo concetto, ma questa è un’altra storia. E sì, è anche uno spoiler per il volume 5, stavolta si può fare un’eccezione.
Articolo di Martina Mastellone