Intervista a Paolo Cucchi, fra i promotori della campagna Uno Non Basta
Nella confusione che caratterizza la politica italiana di questi ultimi giorni, il sostegno alla campagna Uno Non Basta continua a crescere. Hanno infatti ormai superato quota 95.000 le firme a supporto dell’idea nata da un confronto tra Visionary e Officine Italia per chiedere un investimento consapevole e progettuale nell’ambito delle politiche giovanili. Perché se da anni, a destra e a sinistra, ci si riempie la bocca di parole a favore dei giovani, l’Istat certifica una situazione davvero preoccupante: a ottobre 2020, il tasso di disoccupazione giovanile ha raggiunto quota 30,3% – colpa della pandemia, ma anche di una gestione poco lungimirante del collegamento tra istruzione e mondo del lavoro.
In quanto redazione esclusivamente formata da universitari e giovani lavoratori, il tema ci sta molto a cuore. Abbiamo dunque intervistato Paolo Cucchi, responsabile dell’advocacy per il movimento Visionary.
Poco più di due settimane fa, avete deciso di lanciare la campagna Uno Non Basta, in collaborazione con Officine Italia. Da dove nasce questa idea e che obiettivo si pone?
La nostra campagna è nata a seguito della prima bozza del cosiddetto Recovery Plan: un piano importante, nel quale però le risorse destinate ai giovani erano basse, pochissime. Ci siamo chiesti cosa potessimo fare… Volevamo mobilitare la popolazione giovanile italiana, quella che spesso non ha la possibilità di parlare. Abbiamo dunque creato la campagna Uno Non Basta, lanciando una petizione online e creando degli account social specifici – così da raccogliere le voci di tanti giovani come noi, altrettanto preoccupati, e restare in contatto con loro. L’intera campagna per il momento è stata una bella scommessa… Ma non è solo nostra: noi ne siamo i promotori ma lo scopo era unire tante diverse realtà preoccupate dai pochissimi fondi stanziati nel Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza per il sostegno dei giovani, cioè gli adulti (e gli elettori) di domani.
Nell’aggiornamento del 7 gennaio del vostro Position Paper, date molta importanza al punto 4 della bozza, intitolato “Impatto del PNRR sulle priorità trasversali: giovani, donne e Sud”. C’è una frase vostra molto dura: “Emerge chiaramente l’assenza di un piano organico che indirizzi la questione giovanile”. Cos’è che non vi soddisfa di questo punto in particolare? E quali sono le vostre richieste?
Questo è uno dei punti fondamentali della nostra campagna. Si tratta proprio di una questione di metodo, perché la trasversalità del tema “donne, giovani e Sud” è stata recepita, almeno a parole. Anzi, è dal 2008 che si parla di giovani, però lo si fa sempre in maniera generale. Noi chiediamo che ci siano delle politiche, delle operazioni e delle azioni precise e, di conseguenza, verificabili.
Pur leggendo attentamente la bozza condivisa, non riuscivamo a capire quanta progettualità ci fosse effettivamente per i giovani. E anche all’interno della voce “giovani”, che nella prima versione se non sbaglio erano 3,2 miliardi, quindi l’1,6% del totale, poi nello specifico era difficile capire a quali programmi sarebbe stato applicato… Anche Garanzia Giovani ben venga come programma, ma dobbiamo cercare di fare in modo che tutti i fondi a disposizione siano investiti a sostegno di programmi utili e verificabili, che possano creare un link tra giovani e mondo del lavoro, anche a livello di soggetti, di interlocutori. Questo è un grande problema nel nostro Paese.

Il vostro programma si articola su tre macro-temi. Ce ne parli meglio?
Il paper riassume meglio di quanto possa fare io i vari punti della campagna Uno Non Basta. Comunque, abbiamo cercato di dare un minimo di organicità alle nostre richieste così da non essere tacciati, come in parte è stato fatto in passato, di essere persone che si lamentano e pretendono più risorse in maniera un po’ fine a se stessa. È inutile far finta di non saperlo: se tu metti più soldi per i giovani, li togli da un’altra parte. E ci sono anche delle indicazioni dell’Europa per veicolare i fondi su determinate aree, quindi naturalmente bisogna adottare un’ottica di insieme… Ma nel cercare di trovare una sintesi e di fare delle proposte, abbiamo differenziato la nostra proposta su tre punti principali. Il primo è proprio quello di facilitare l’ingresso dei giovani nel mondo del lavoro e formare i giovani a nuovi mestieri.
Noi vogliamo suggerire come colmare questo gap che oggettivamente c’è. Anche i job placement universitari non è che siano il massimo: prendono le richieste che arrivano, le pubblicano su un database, però non c’è relazione fra giovane e azienda. Quindi, in Italia abbiamo degli ragazzi che studiano tantissimo e dal giorno successivo alla laurea si trovano catapultati in un mondo che non conoscono. Insomma, ci deve essere un percorso di accompagnamento, di mentoring fra persone che sono magari più avanti in questo percorso e possono aver affrontato difficoltà simili.
Non possiamo continuare a basare tutto sul rapporto degli amici, della famiglia. Spesso, alla persona mancano anche le giuste informazioni – e qui torniamo al secondo punto di prima: serve un aggiornamento dell’istruzione in Italia.
Ora abbiamo il testo definitivo del PNRR. Questo prevede lo stanziamento di 28,5 miliardi a istruzione e ricerca, 16,7 per il potenziamento del diritto allo studio, e 3 miliardi in più per la transizione da ricerca a impresa. Nella bozza stessa, inoltre, si legge una frase su cui in tanti hanno puntato il dito: “Il PNRR necessiterà di una più precisa definizione delle riforme e delle strategie (…) che consentano di finalizzare le progettualità e le tempistiche previste”. Siete soddisfatti di questo testo e dei fondi stanziati?
Non abbiamo la presunzione di credere che le bozze del PNRR siano state cambiate per noi o ascoltando la nostra voce, purtroppo. Sicuramente abbiamo un po’ smosso le acque, ma ci stiamo ancora confrontando con i partiti politici in merito all’advocacy e al recepimento. Ci aspettavamo che la bozza definitiva scendesse un po’ più nel dettaglio. Quante persone andranno a beneficiare di quell’iniziativa così come è scritta adesso? Da parte nostra, c’è positività nella misura in cui un aumento c’è stato rispetto ai 3,2 miliardi iniziali. Crediamo anche che non sia un aumento soddisfacente – quindi, la nostra campagna non si ferma.
Potete già avanzare delle ipotesi su quello che sarà, dal vostro punto di vista, l’effetto della pandemia sul benessere psicologico dei giovani in Italia? Come bisognerebbe intervenire su questo fronte?
I giovani di tutte le fasce sono stati profondamente impattati da questa pandemia e i dati lo dimostrano… Non dico che questa pandemia abbia rubato un anno ai giovani, ma ha reso un anno completamente diverso dal solito. I giovani non hanno bisogno solo del lavoro, ma anche di momenti che normalmente ci sono di convivialità. Ho letto anche degli editoriali che mettevano in luce proprio questo aspetto, ma non davano una soluzione. Secondo me, non dovremmo dimenticare che le conseguenze della crisi sanitaria, economica e sociale si faranno sentire su tutti molto presto. Quello che io noto è che non ci sono al momento delle misure per affrontare questo problema.
Sui profili social della campagna, nei giorni scorsi raccontavate di aver già scritto al Presidente del Consiglio Giuseppe Conte e ad altri vertici delle istituzioni. Avete ricevuto risposta? Inoltre, si sta raccogliendo un forte consenso alle vostre istanze, che progetti a lungo termine avete per questa community valoriale?
Adesso ci stiamo concentrando sui risultati di cui parlavamo prima. Comunque sì, abbiamo fatto avere a Giuseppe Conte le firme raccolte. Non abbiamo al momento un dialogo diretto con lui, però ci stiamo interfacciando con le forze di tutto l’arco parlamentare per cercare di avere un tavolo di confronto (il 15 gennaio una delegazione è stata ricevuta dal Ministro per gli Affari europei Vincenzo Amendola ndr). Uno Non Basta è una campagna che è sì promossa da Visionary e Officine Italia, ma è volutamente senza nome, perché contiene tante realtà e, soprattutto, tanti giovani con background e idee politiche diversissime. Ci unisce una richiesta: più soldi per i giovani. Se adesso che la bozza è definitiva non ci riusciamo, vorremmo quantomeno riprovarci nella fase successiva, quella del confronto con le parti sociali e il Parlamento.
Articolo di Gloria Beltrami e Martina Mastellone