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15 Gennaio 2021 / Editoriale

I social devono essere regolamentati o rimanere terra franca?

Il dibattito è aperto

I social media oggigiorno fanno a tutti gli effetti parte della comunicazione: tutti li usano per informarsi, commentare notizie, postare e mettere like.

Ma si può dire e fare tutto sui social?

Lì la libertà d’espressione è totale ed è limitata solo dal buonsenso personale. Perciò, la questione sta diventando sempre più scottante.

Gli ultimi eventi, anche di natura diversa, tra cui ad esempio l’arrivo dei vaccini contro il Covid-19 e l’assalto al Capitol Hill di Washington, sono stati trasmessi e amplificati dai social network. Quegli stessi social sono, però, covo e veicolo di trasmissione di teorie fuori dalla realtà.

La realtà virtuale viene scambiata con l’offline, con il vantaggio di poter incollare link di supporto alle proprie idee presi da siti non affidabili e dialogare solo con chi è d’accordo.

Il caso dei vaccini

In uno studio del 1998 comparso sulla rivista The Lancet, un ex medico collegò dei disturbi dello spettro autistico, presenti in alcuni dei bambini presi in esame, alla vaccinazione da poco effettuata. Seguirono una drastica riduzione delle vaccinazioni in Inghilterra e un’epidemia di morbillo. La verità emerse dopo anni: il dottore fu corrotto con 55.000 sterline da persone interessate alla falsificazione dei risultati. Nel 2010, il giornale scientifico ritira tardivamente la pubblicazione.

Tutte le teorie complottiste e negazioniste del Covid-19 hanno origine da qui: i social le alimentano e ne diffondono il messaggio, adescando le persone più spaventate e più fragili. Video, link, post di ciarlatani vengono condivisi per dimostrare la fondatezza di questa ostilità.

In questo caso, sarebbe auspicabile una censura o una limitazione?

Il caso Trump

Il presidente Trump, con i suoi 88 milioni di followers ha, di fatto, rivitalizzato Twitter – prediligendolo come canale per i suoi video e post. Dopo l’assalto al Capitol Hill del 6 gennaio 2021, da lui a tutti gli effetti suggerito, Twitter e Facebook bloccano i suoi profili social, costringendolo a migrare su Parler, in seguito anch’esso rimosso da Google, Amazon e Apple.

Trump, non ne fa mistero, ha da sempre strizzato l’occhio agli estremisti e ai complottisti, assecondandone con frasi volutamente ambigue alcune tesi. Dal movimento dei Proud Boys a QAnon: spesso, sono loro i destinatari dei tweet del tycoon e, per difenderlo da supposti brogli elettorali, hanno organizzato la manifestazione a Washington sfociata nell’invasione al Congresso americano.

Da anni sul web e sui social, in particolare Facebook, si formano gruppi privati in cui girano materiali di sedicenti guru tuttologi in cui, come nel caso dei vaccini, si parla della scienza come nemica e dei governi come dittature mosse da complotti giudaico-massonici con interessi nascosti.

Per quanto ancora i social saranno legibus soluti?

Il dibattito sull’opportunità della rimozione del presidente Trump è acceso e vivo in tutto il mondo. E la questione è sia morale sia etica: che un uomo così importante sia stato bloccato, è un bene o un male?

Sicuramente si sente la mancanza di una legislazione nazionale ad hoc e di un forte intervento statale che dialoghi con il privato proprietario di queste piattaforme, di giorno in giorno sempre più potenti proprio in quanto ‘social’.

Il confine tra regolamentazione e censura è breve. Ma anche tra informazione e indottrinamento.

Camilla Zucchi

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