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7 Dicembre 2020 / Biografie

Focus on… Mary Wollstonecraft e William Godwin

Chi ha reso l’uomo il giudice esclusivo, se la donna condivide con lui il dono della ragione?

È il 30 agosto del 1797 e a Londra sta nascendo una bambina: il suo nome è Mary Wollstonecraft Godwin, ma sarà conosciuta nei secoli con il cognome dell’uomo che sposerà, Shelley. La piccola Mary nasce in un contesto familiare un po’ particolare per la sua epoca. Sua madre è una femminista, suo padre un anarchico, e i due si sono sposati senza nessun particolare apprezzamento verso l’istituto matrimoniale. Insomma, una coppia poco convenzionale per il tardo Settecento, che proprio per questo è al centro del focus on di oggi: sto parlando di Mary Wollstonecraft e William Godwin.

Infanzia agli antipodi

William Godwin nasce a Wisbech il 3 marzo del 1756. Settimo dei tredici figli di John e Anne Godwin, cresce in una famiglia calvinista fortemente religiosa. Suo padre, con il quale non ha un rapporto dei più idilliaci, è ministro del culto, e William è destinato a seguire le sue orme. Riceve una buona istruzione, frequentando il Presbyterian College di Hoxton, e comincia ad esercitare, appunto, come ministro del culto. Le cose però non continuano a lungo su questa strada. Godwin comincia a leggere le opere dei più importanti autori illuministi e il loro influsso contribuisce al suo cambiamento ideologico e religioso. Si allontana dalla religione avvicinandosi invece al giornalismo e alla politica.

Ritratto di William Godwin – fonte: Britannica

Quando William Godwin ha tre anni, più precisamente il 27 aprile del 1759, a Londra nasce una bambina di nome Mary Wollstonecraft. La famiglia di Mary, seconda di sette figli, non gode di grandi possibilità economiche: suo padre Edward lascia il lavoro di tessitore per investire nell’agricoltura, ma i risultati di questo tentativo risultano essere piuttosto scadenti. I trasferimenti derivanti dalle scelte lavorative del padre, e la dipendenza di quest’ultimo per gioco e alcool, non rendono l’infanzia di Mary propriamente rosea. L’ambiente in casa non è sereno, e non ha la possibilità di ricevere un’istruzione continua. Ciò però non la distoglie dalla sua passione per la cultura e la conoscenza, che riesce comunque a coltivare.

Le sue amicizie giocano in questo contesto un ruolo fondamentale, in particolare quelle con Jane Arden e Fanny Blood. È proprio quest’ultima ad avvicinarla ad alcuni circoli intellettuali, cosa che la sprona a non abbandonare gli studi che, data la sua difficile situazione, prosegue da autodidatta. Comincia a servire da dama di compagnia, esperienza durante la quale si avvicina maggiormente all’alta società ma che termina nel 1780 quando torna a casa per accudire sua madre malata. Dopo la morte di quest’ultima, la vicinanza con Fanny è nuovamente fondamentale: è proprio a casa sua che Mary si trasferisce, insieme a sua sorella Elizabeth e al figlio appena nato di quest’ultima.

La cultura come fonte di cambiamento

Fino a questo punto le vite di William e Mary non si sono ancora incrociate, e continueranno a camminare separate ancora per qualche tempo. Nati e cresciuti in due contesti nettamente diversi l’uno dall’altro, probabilmente le loro differenze, almeno a questo punto della vita, superano le somiglianze. Eppure, una cosa accomuna già i loro percorsi: la cultura.

Da questo punto di vista, Godwin aveva la strada più spianata rispetto a Mary Wollstonecraft, a causa delle loro diverse radici familiari. In entrambi i casi, comunque, la conoscenza è non soltanto ciò che li ha portati ad elaborare le loro filosofie, ma anche e soprattutto il motore di un vero e proprio cambiamento di vita.

Nel 1782, dopo il già citato avvicinamento al pensiero illuminista, William Godwin si trasferisce a Londra. Qui abbandona sempre più la sua attività religiosa, concentrandosi principalmente sulla produzione filosofica. La sua visione del mondo è anarchica e radicale. La società, la tradizione, le istituzioni, le leggi: per lui non fanno altro che allontanare l’uomo da un’innata propensione al bene, ponendosi come vincoli alla sua libertà. Una libertà considerata nel suo aspetto più individuale tanto che, pur cresciuto in un contesto molto religioso, comincia a professare la libertà di culto.

Dopo alcune opere passate un po’ in sordina, nel 1793 Godwin scrive quella per cui sarà conosciuto nel tempo: Enquiry concerning the principles of political justice. Meglio conosciuta in italiano come Giustizia politica, l’ispirazione deriva dagli eventi della rivoluzione francese. Pur trovandosi d’accordo con l’idea della rivoluzione, ne critica alcune conseguenze e la violenza delle sue manifestazioni. La sua idea di fondo è appunto contraria alla violenza, oltre che alle istituzioni politiche, ma allo stesso tempo fiduciosa nei confronti della ragione umana. La soluzione ai problemi della società consiste secondo lui proprio nel lasciare alle persone il proprio spazio d’indipendenza.

Senza indipendenza gli uomini non possono essere né saggi, né utili, né felici.

Una pioniera del femminismo

Negli anni in cui William Godwin elabora il suo pensiero, anche Mary Wollstonecraft percorre la strada che la porta ad essere considerata fra i primi esponenti del femminismo. Insieme alla sorella Elizabeth e all’amica Fanny prova più volte ad aprire una scuola, ma senza successo. Il tema del diritto all’istruzione comincia già ad essere centrale nella sua vita, ed assumerà nel tempo sempre maggiore preponderanza. Dopo un periodo passato a Lisbona a fianco di una Fanny malata, in seguito alla morte di quest’ultima torna in Gran Bretagna. Lavora prima come educatrice per le figlie di un lord, poi presso Analytical Review.

Ritratto di Mary Wollstonecraft – fonte: Lifetime

La vicinanza ai club culturali londinesi, frequentati da un certo radicale di nostra conoscenza, le permette di elaborare idee innovative riguardo l’istruzione, e in particolar modo quella femminile. È proprio su questo tema che si incentra la sua opera più importante: A vindication of the rights of woman, del 1792. Due anni prima aveva scritto un’altra opera, A vindication of the rights of man, una critica alla tradizione, all’aristocrazia, ai costumi che relegano le donne ai margini della società.

È però come detto dall’opera del 1792 che fuoriesce il più profondo spirito di Mary Wollstonecraft. Pur non negando alcune differenze biologiche fra uomini e donne, sottolinea come la posizione sociale secondaria di queste ultime non derivi da un’inferiorità naturale, ma dal fatto di essere considerate in questo modo da un sistema che inculca a donne e uomini quali siano i canoni da rispettare.

Dovrei prima considerare le donne come esseri umani che, come gli uomini, sono su questa Terra per sviluppare le proprie abilità.

Tutti gli esseri umani, indipendentemente dal genere, dovrebbero avere la possibilità di sviluppare le proprie capacità e competenze, e l’istruzione è il tassello fondamentale per completare il puzzle di una società più equa. Permettere alle donne di avere un’istruzione, insegnando loro fin dall’infanzia non ad essere piacenti e accondiscendenti ma a coltivare la propria personalità e i propri interessi, creerebbe un sistema nettamente diverso. Un sistema migliore.

Breve ma intenso

Conoscendo anche solo i principi del pensiero di William Godwin e Mary Wollstonecraft non sorprende il fatto che i due si siano scelti per un progetto di vita comune.

Godwin non è il primo amore della Wollstonecraft, ma sicuramente quello più sano e puro. Prima ha avuto una relazione con Johann Heinrich Füssli, un pittore già sposato. Successivamente si innamora di un avventuriero, Gilbert Imlay, con il quale vive una relazione fatta di alti e bassi, di viaggi e fughe, e dalla quale nasce una bambina: Fanny. Ma l’idillio dei primi tempi lascia presto il posto ad un rapporto causa di tristezza e sofferenze. Anche chiudere la relazione non è facile, tanto che Mary cade in una spirale depressiva che la porta a tentare il suicidio.

Ma nel 1796 le cose cambiano. Tornata a Londra e ripreso a frequentare il vecchio circolo intellettuale, ritrova William Godwin e con lui intraprende una storia tanto bella quanto breve. Quello fra i due è un amore basato sul rispetto per se stessi e per l’altro, una relazione paritaria e poco convenzionale per l’epoca. Già il fatto che Mary non sia mai stata sposata ma abbia una figlia non è ben visto dal resto della società, ma quando scopre di essere incinta di William, i due decidono di sposarsi per evitare di dare ulteriore scandalo. Una decisione che non cambia l’essenza della loro relazione, né tantomeno la loro opinione poco positiva nei confronti del matrimonio. I due prendono case adiacenti ma separate, per restare indipendenti ma crescere insieme la bambina che sta per nascere.

Copertina di un’edizione di lettere di William Godwin e Mary Wollstonecraft – fonte: goodreads

Il destino però non è clemente con loro. Mary Wollstonecraft muore di setticemia il 10 settembre del 1797, appena undici giorni dopo aver dato alla luce la sua bambina, Mary. Di sua moglie, William Godwin afferma:

Credo fermamente che non esistesse una donna eguale a lei al mondo. Eravamo fatti per essere felici e ora non ho la minima speranza di esserlo mai più.

Non un solo matrimonio

William Godwin si ritrova da solo a crescere Fanny e Mary, e decide di risposarsi. Ha davvero cambiato le sue idee sul matrimonio? Lo fa per dare una famiglia alle sue bambine? Non si può dire con certezza quali siano le ragioni che lo portano a prendere questa decisione. Fatto sta che sposa Mary Jane Clairmont, una vicina di casa con due figli dalla quale ha anche un altro bambino, William. Il matrimonio con Mary Jane è sereno, anche se né gli amici di Godwin né le sue figlie hanno di lei una buona considerazione. La stessa futura Mary Shelley si allontana per parte della sua vita dal padre, per poi riavvicinarsi a lui dopo la morte del marito Percy Shelley.

La vita professionale di William Godwin va avanti a fortune alterne, ma continua fino ai suoi ultimi anni di vita. Muore il 7 aprile del 1836, quattro anni dopo la morte del suo figlio più piccolo. Richiede e ottiene di essere seppellito insieme a Mary Wollstonecraft, sottolineando in questo modo l’importanza di un amore durato in vita troppo poco.

Un eterno insegnamento

Cosa possiamo imparare da Mary Wollstonecraft e William Godwin, e dalla loro relazione, a più di due secoli di distanza? I loro percorsi di vita non convenzionali, e totalmente diversi da ciò che ci si aspettava da loro in origine, sono la prova che anche in circostanze avverse si può essere padroni del proprio destino. La relazione fra i due, così breve e poco coerente con le abitudini dell’epoca, parla di un amore che va al di là di ciò che la contemporaneità riesce ad accettare. La realizzazione di un rapporto proprio, indipendente dalle convenzioni sociali, è garanzia di una soddisfazione tanto personale quanto di coppia. E il fatto che William abbia continuato la propria vita dopo la morte di Mary non rende tutto ciò meno reale.

Ma ciò che più di ogni altra cosa hanno lasciato alle generazioni successive è il culto della propria e altrui libertà. Nella loro filosofia, nella loro storia, la libertà l’ha fatta da padrone. Essere liberi di fare e credere senza doversi adeguare alle imposizioni del sistema è ciò che permette ad ognuno di essere se stesso. Le differenze che intercorrono fra le persone e sì, anche fra i generi, non intaccano la questione delle capacità personali, che vanno coltivate anche e soprattutto attraverso l’istruzione e la cultura.

Rendi gli uomini saggi, e così facendo li renderai anche liberi.

Articolo di Martina Mastellone

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Riguardo Martina Mastellone

Sono nata a Sorrento ma mi sento cittadina del mondo. Mi piace raccontare storie ma non sempre ho il dono della sintesi. Sogno di fare della mia passione per la scrittura un lavoro a tempo pieno. Amo mangiare, scrivere e viaggiare. Spero di riuscire a realizzarmi come donna e a fare nella vita ciò che mi rende felice.

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