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2 Dicembre 2020 / Letteratura

Carta e inchiostro – Parole da “Ciò che inferno non è”

Storie di binari, passaggi a livello e parole

Vento, luce, ragazza, silenziosamente e benché sono le cinque parole preferite di Federico, personaggio del romanzo Ciò che inferno non è di Alessandro D’Avenia.

Copertina di Ciò che inferno non è

Secondo Federico, tutti dovrebbero avere una lista di cinque parole con cui scrivere una poesia. Da un lato, le parole servono per tenerci ancorati a terra; dall’altro, sono “mappe mute da riempire di luoghi”. Ed è proprio in un luogo preciso che si svolge la vicenda: a Palermo, città di mare, di profumi e di colori.

I due volti di Palermo

La Palermo che Federico conosce non è l’unica: c’è anche un’altra Palermo, quella di Brancaccio, da dove proviene “3P”. Brancaccio è un quartiere di Palermo, separato dalla città da un passaggio a livello: come dice “3P”, è come se fosse un ghetto. C’è addirittura un “ghetto nel ghetto”, ovvero quella zona che veniva anticamente chiamata “Stati Uniti”. Era l’area più povera di Brancaccio, separata dalla città da ben due passaggi a livello.

Binari
Foto di: Alice Faravelli

L’immagine del passaggio a livello è particolarmente significativa poiché non rappresenta solo la divisione tra Palermo e Brancaccio, ma anche quella iniziale tra Federico e “3P”. Come due binari, questi personaggi sembrano vivere parallelamente, fino a quando, ad un certo punto, si incontrano. I lettori li vedono insieme per la prima volta nel cortile del liceo Vittorio Emanuele II, ma il vero incontro avviene a Brancaccio. Federico, dietro invito di “3P”, oltrepassa fisicamente il passaggio a livello e si ritrova in un luogo che gli pare sconosciuto e ostile.

L’aria è stantia. Occorrono movimenti pacati per non soccombere. Qualche raro passante gravato dalla canicola mi fissa. Ho l’impressione di essere un turista, eppure sono nella mia stessa città, a pochi chilometri da casa, ancora meno da scuola.

Brancaccio-Ciaculli
Fonte: https://it.wikipedia.org/wiki/Brancaccio-Ciaculli

Cinque parole: ciò che inferno non è

A Brancaccio, Federico impara che c’è un’altra realtà oltre il passaggio a livello, che l’inferno esiste ed è reale. Tuttavia, come insegna “3P”, si può e si deve imparare a distinguere l’inferno da ciò che inferno non è.

[l’inferno] non è al di là, ma al di qua, con mappe e indirizzi. Su Tuttocittà 1993.

Non è facile capire, soprattutto per chi, come Lucia, Serena, Dario, Francesco, Maria, Riccardo, Totò, conosce solo la realtà di Brancaccio. Eppure, qualcuno ci riesce: Lucia impara a distinguere tra inferno e ciò che inferno non è. Anche lei trova le sue cinque parole.

Forse allora non è un caso che il titolo del romanzo sia formato da cinque parole. Le mie sono girasole, mare, libreria, affresco, autunno. Quali sono le vostre?

Articolo di Alice Faravelli

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