Non tutto è da buttare
Da questa tragica pandemia da Covid-19 cosa abbiamo imparato, cosa stiamo imparando e cosa possiamo imparare? È normale, oserei dire doveroso, guardare al numero crescente di morti, ricoverati, contagiati da Covid-19. È meno banale, però, notare anche i lati che potrebbero tirarci su il morale e farci ben sperare. Di seguito, provo a elencarne alcuni.
L’Italia è uno degli ultimi Stati al mondo che garantisce una fruizione universale della sanità. Il Servizio Sanitario Nazionale fu istituito nel 1978 dall’allora Ministro della Sanità Tina Anselmi. Da quel momento, la salute da noi è un diritto, un bene comune. L’accesso alle cure viene garantito a tutti.
Pensavamo di non essere preparati alla transizione digitale, o di essere molto indietro rispetto al resto d’Europa. In pochissimo tempo, la didattica a distanza, lo smart working e l’aumento vertiginoso di richieste di identità digitali, le cosiddette SPID – passate da 4 milioni nell’ottobre 2019 a 11 milioni dell’ottobre 2020 – sono diventati parte della nostra quotidianità. C’è sicuramente molto ancora su cui lavorare e progredire, ma alea iacta est.
Abbiamo creduto al falso mito di non saperci comportare secondo le nuove regole anti-covid. Invece no. Di nuovo, abbiamo fatto da apripista: abbiamo avuto, e abbiamo ancora, cura di indossare la mascherina, di avere con noi il gel disinfettante e di non uscire di casa se non necessario.
Temevamo di non essere considerati in Europa. Un inizio infelice, con considerazioni fuori posto di Christine Lagarde, capo della BCE, e le poche parole di Ursula Von der Leyen, ci aveva fatto sospettare di non essere, ingiustamente, meritevoli di aiuti. Poi il poderoso Recovery Fund da 750 miliardi di euro farà arrivare ben 209 miliardi in Italia.
Non sarà tanto, ma è sicuramente un inizio da cui partire per guardare il futuro con occhi più fiduciosi. Nei periodi difficili tutto è nero, ma il Covid-19 ci ha anche costretti a fare i conti con delle transizioni inevitabili.
Articolo di Camilla Zucchi