Ritratto di James Joyce, “l’artista da giovane”
Chi non ha mai sentito nominare James Joyce, il famoso scrittore irlandese?
Probabilmente, ne avrete sentito parlare durante le lezioni di letteratura al liceo o all’università. Ed è ancora più probabile associare allo scrittore termini come “Irlanda” o “esilio” e due opere: Gente di Dublino e Ulysses.
Non tutti però sanno che i suoi scritti, pubblicati, perduti o rifiutati dallo stesso autore, fanno parte di un ampio progetto di ricerca artistica. Il culmine è l’ultimo capolavoro, Finnegans Wake, che continua ancora oggi ad offrire ampi spazi di riflessione e interpretazione.

Il primo romanzo
Il primo romanzo pubblicato è A Portrait of the Artist as a Young Man, caratterizzato da un lungo processo compositivo e da un complicata pubblicazione. Il titolo, associato al protagonista Stephen Dedalus, viene spesso interpretato come se l’opera fosse una semplice autobiografia dell’autore. Il collegamento si basa sull’apparente somiglianza tra il mitologico Dedalo e Joyce, il quale riuscì metaforicamente a volare via dalla paralisi della società irlandese. Quest’interpretazione, immediata ma riduttiva, non considera né il processo di ricerca artistica e scrittura del romanzo né l’importanza che l’opera ha per i componimenti successivi.
1904: annus mirabilis
Pochi sanno che nel 1904, anno di inizio della stesura del romanzo, Joyce scrisse altre due opere dai titoli evocativi: A Portrait of The Artist e Stephen Hero. Saggio l’uno e romanzo incompiuto l’altro, insieme costituiscono l’embrione creativo dell’opera finale, sia dal punto di vista del contenuto che della forma artistica. Risulta quindi riduttivo definire A Portrait of the Artist as a Young Man come un romanzo autobiografico, se non addirittura sbagliato, secondo alcuni critici.

Daedalus vs Dedalus
Tra Stephen Hero e A Portrait of the Artist as a Young Man esiste una piccola ma estremamente significativa differenza nell’ortografia del cognome del protagonista. Nel primo romanzo è scritto “Daedalus”, come il nome del mitologico personaggio, mentre nel secondo è scritto “Dedalus”. Questa variazione suggerisce forse la motivazione principale per la quale Joyce decise di abbandonare Stephen Hero. Probabilmente, durante la stesura si rese conto che il romanzo stava diventando esplicitamente autobiografico e il contenuto rischiava di diventare una banale narrazione. Al contrario, rendendo la relazione tra sé stesso e Dedalo più implicita, Joyce ottenne un romanzo che metteva per iscritto la sua ricerca artistica attraverso le famose “epifanie”.
L’episodio delle Rocce Erranti
Nelle ultime parole di A Portrait of the Artist as a Young Man si intravedono i due romanzi successivi: l’immenso Ulysses e l’epico Finnegans Wake. In particolare, nell’episodio di Ulysses intitolato “Rocce Erranti” il distacco tra Stephen Dedalus e Joyce diventa evidente. Questo episodio fa parte della sezione centrale: oltre agli undici episodi inizialmente programmati per ottenere una completa corrispondenza con l’Odissea, Joyce ne aggiunse un dodicesimo. Nell’Odissea, le rocce vengono menzionate dalla maga Circe come uno dei pericoli che i velieri devono affrontare sulla strada del ritorno ad Itaca – anche se Ulisse sceglierà di passare attraverso Scilla e Cariddi.
Nell’episodio di Ulysses, invece, sono metafora di due personaggi che rappresentano rispettivamente la Chiesa e l’Irlanda, le due istituzioni che paralizzano il popolo. La completa separazione tra protagonista e autore diventa palese anche tra Stephen Dedalus e James Joyce. Lo stesso Joyce se ne renderà pienamente conto quando concluderà Finnegans Wake, l’immensa epica del linguaggio umano.
James Joyce, ritratto di un uomo
Joyce non è stato solo scrittore, saggista e poeta. È stato anche un uomo che ha vissuto una vita intensa, con persistenti problemi economici dovuti alla sua incapacità di gestire le risorse finanziarie, e con scarsi introiti ricavati dalle sue opere. Spesso, queste furono pubblicate dopo anni dalla fine della stesura per via di alcuni rapporti conflittuali con gli editori.
In questo è stato supportato sia moralmente che economicamente da personalità del calibro di Italo Svevo e Harriet Shaw Weaver -quest’ultima amica legata alla famiglia Joyce, tanto da farsi carico delle spese per il funerale dello scrittore, scomparso il 13 gennaio 1941.

Inoltre, Joyce ha lasciato volontariamente la sua terra nel 1904 e, con la sua famiglia, ha vissuto una vita da nomade, spostandosi principalmente tra Trieste, Parigi e Zurigo.
La sua vita è presente nelle sue opere, sempre più implicitamente man a mano che la ricerca artistica e la produzione progrediscono. Comprendere Joyce può non sembrare semplice, soprattutto all’inizio, ma il mio invito è: leggete o rileggete Joyce, siate curiosi come lui e spalancate le ali.
Articolo di Alice Faravelli