Il 18 settembre 2020, dopo una lunga lotta contro un cancro al pancreas, è morta Ruth Bader Ginsburg – “Notorius RBG” per gli appassionati. Leader dell’ala progressista della Corte Suprema, la sua morte lascia un vuoto incolmabile. Per anni, il giudice Ginsburg è stata la paladina dei diritti delle donne e della lotta per l’uguaglianza. La sua scomparsa ha dato inizio ad una vera e propria lotta politica. Negli Stati Uniti, infatti, spetta al Presidente nominare i giudici della Corte Suprema: i timori che la scelta di Trump – ricaduta su Amy Coney Barrett – possa cancellare in un colpo solo l’eredità della Ginsburg sono molti e, a nostro parere, leciti.
L’incredibile storia del giudice Ginsburg
Ruth Bader Ginsburg nasce il 15 marzo 1933 a Brooklyn, da una famiglia di modeste origini. La madre, Celia Bader, era una donna dal carattere forte: soprattutto, era determinata a garantire alla figlia un’ottima istruzione, così da evitarle il destino che, invece, era stato imposto a lei. Purtroppo, la madre non fece in tempo a vedere il successo della figlia: morì tragicamente il giorno precedente la cerimonia per il diploma della Ginsburg.
Nonostante la morte prematura – Celia Bader aveva 47 anni – l’impatto che la madre ebbe nella vita di RBG fu enorme, tanto che nel suo discorso per la nomina a giudice della Corte Suprema nel 1993, la Ginsburg disse:
Prego di poter essere tutto ciò che sarebbe stata se avesse vissuto in un’epoca in cui le donne potevano aspirare e ottenere risultati, e le figlie sono amate tanto quanto i figli.
Durante la sua vita, la Ginsburg ha dovuto superare molti lutti e molteplici problemi di salute. Tuttavia, non ha mai permesso che ciò diventasse argomento di dibattito circa le sua capacità di giudice: affermò più volte che avrebbe continuato a fare il suo lavoro finché sarebbe stata in grado di farlo a pieno ritmo. E così è stato.

La nomina per la Corte Suprema
Il 14 giugno 1993, Notorius RBG toccò l’apice della sua carriera. Fu l’allora Presidente Bill Clinton a sceglierla come successore di Byron White. La nomina fu confermata con un voto di 96 a 3 – fatto che tutt’oggi rimane unico nella storia americana. La Ginsburg diventò la seconda donna giudice della Corte Suprema, dopo Sandra Day O’Connor. Ma come arrivò a ricoprire il ruolo più importante del mondo giudiziario?
Ruth Bader Ginsburg studiò prima alla Cornell e poi alla Harvard Law School, ma fin da subito visse in prima persona delle discriminazioni di genere. Per esempio, alla Ginsburg non venivano offerte le stesse opportunità di lavoro dei suoi compagni uomini ed era solo una delle nove studentesse presenti ai corsi di legge.

Fu su queste premesse che, alla fine degli studi, RBG iniziò la sua strenua lotta per i diritti delle donne. Le cadute furono molte, le vittorie poche, ma questa donna dalla statura minuta si fece notare velocemente. Si iniziò a parlare di lei anche negli alti ranghi, fino a che, negli anni ’80, il Presidente Carter la nominò giudice della Corte d’Appello degli Stati Uniti d’America per il Distretto della Columbia.
Le battaglie per la parità di genere
L’obiettivo della RBG era semplice. Convincere una Corte Suprema a maggioranza maschile che il XIV emendamento, il quale garantisce un’equa protezione a tutti i cittadini, non si applicasse esclusivamente alle discriminazioni razziali, ma anche a quelle di genere. La Ginsburg voleva inoltre dimostrare come alcune leggi, scritte proprio a tutela delle donne, fossero in realtà nocive per la loro emancipazione.
Le differenze intrinseche tra uomini e donne che abbiamo imparato ad apprezzare, rimangono motivo di celebrazione, ma non devono essere causa di denigrazione dei membri di entrambi i sessi, o di vincoli artificiali alle opportunità di un individuo.
La strategia adottata, al contrario, era un po’ più complicata. La Ginsburg, infatti, prese a carico numerose cause in cui i querelanti erano uomini. L’intento era quello di costringere i giudici della Corte Suprema ad affrontare casi in cui, da un punto di vista maschile, era molto più facile prendere una decisione unanime. D’altronde, perché un uomo dovrebbe godere di minori garanzie di una donna? In questo modo, entrambi i sessi sarebbero stati liberati dai ruoli assegnati loro dalla società.

Gli anni alla Corte Suprema
I casi seguiti dalla Ginsburg spaziarono dalla previdenza sociale al diritto di abortire, dalle leggi che stabilivano l’età legale per acquistare alcolici alla paga equa per le donne. Nel 1976, ad esempio, affrontò il caso Weinberger v. Wiesenfeld in cui un uomo rimasto vedovo chiedeva di poter usufruire dei benefici riconosciuti ad una donna che si fosse trovata nella stessa condizione, lottando contro una ratio che presupponeva l’inferiorità della donna e del suo stipendio all’interno del nucleo famigliare.
Gli anni all’interno della Corte Suprema non furono affatto facili. RBG dovette affrontare anche numerose sconfitte come quando nel 2007, con la sentenza sul caso Gonzales v. Carhart, la Corte Suprema confermò il Partial-Birth Abortion Ban Act: una legge federale che criminalizzava una particolare procedura raramente praticata per terminare una gravidanza durante il secondo trimestre. Ginsburg ne criticò aspramente la ratio arcaica e retrograda.
La sua eredità
Nonostante tutto, però, non si è mai fermata. Oggi è uno dei simboli più importanti per tutte le donne del mondo. Ci ha insegnato a lottare per ciò in cui crediamo e a non arrendersi mai davanti agli ostacoli della vita.
Articolo di Valentina Sacchetta