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8 Novembre 2020 / Politica

Elezioni Usa: chi sono gli elettori americani

Il conteggio dei voti per eleggere il 46esimo presidente degli Stati Uniti è ormai quasi giunto al temine. Ma quali sono le caratteristiche dell’elettorato americano?

Alla base di una buona analisi dei risultati elettorali vi è la conoscenza delle caratteristiche demografiche ed ambientali degli elettori, che possano spiegarne il voto: quelle che i professionisti del settore definiscono determinanti del voto. Si tratta di caratteristiche come genere, età, etnia e territorio, in grado di prevedere statisticamente quali potrebbero essere i risultati di un’elezione.

Donal Trump, candidato democratico e Joe Biden, candidato repubblicano
(Photo by JIM WATSON, SAUL LOEB/AFP via Getty Images)

Tante volte abbiamo sentito dire che il voto degli afroamericani avrebbe favorito Biden mentre quello degli abitanti delle zone rurali Trump. Da cosa è determinata quindi l’associazione tra il voto ad un partito e le caratteristiche dell’elettore? Per quale ragione gli elettori della stessa età o della stessa etnia tenderebbero a votare nello stesso modo?

Una premessa fondamentale va fatta. Si ritiene che essere accomunati dal genere o dall’età, o vivere nella stessa città porti a creare un bagaglio esperienziale e valoriale comune. Questo, a sua volta, ha poi un impatto diretto sull’adesione ai valori di un partito politico.

L’età

L’età è un fattore che in questa elezione ha sicuramente favorito il candidato democratico Joe Biden. Le elezioni del 2020 segnano la prima elezione presidenziale in cui è stata chiamata a votare la Generazione Z, quelli nati dopo il 1996, che è arrivata a costituire il 10% dell’elettorato. Gli exit poll condotti dalla CNN confermano che il 9% di coloro i quali hanno partecipato al voto ha un’età compresa tra i 18 e i 24 anni, e il 62% di questi ha votato per Biden. Ma quello che ci interessa sapere è: perché i più giovani tendono a sostenere maggiormente i democratici?

Le generazioni più giovani, non solo la Generazione Z ma anche i Millennial, tendono ad essere più liberali, politicamente attivi e ad enfatizzare problematiche più di carattere culturale che economico. Essendo nati in un’epoca di grande stabilità economica, hanno fatto proprie questioni di carattere sociale come quella ambientale e i diritti delle minoranze, di cui il partito democratico americano è sostenitore.

Il genere

La letteratura politologica ha coniato l’espressione modern gender gap per indicare il divario nel voto tra donne e uomini. Se storicamente le donne votavano più a destra (traditional gender gap), di recente c’è stata un’ inversione di tendenza. Le trasformazioni culturali in atto, e le disuguaglianze di cui le donne sono vittime, le portano a empatizzare maggiormente con le minoranze e ad essere a favore di politiche di welfare. Posizioni, queste, sostenute solitamente da partiti di sinistra.

L’elezione americana ha sostanzialmente confermato questa propensione delle donne, che su base nazionale hanno espresso il 56% dei voti per il candidato democratico. Questa percentuale arriva anche a sfiorare il 70% negli Stati in cui la vittoria di Biden è stata netta. Ma la cosa che più sorprende è che il voto femminile per Biden supera il 50% anche in Stati come il Texas e Florida, conquistati da Trump.

Tuttavia, il voto del genere femminile, nel caso americano, può essere spiegato parzialmente dalla teoria del gender gap. Le proteste femministe contro il Presidente uscente sono in atto sin dal primo giorno dell’insediamento alla Casa Bianca, in seguito alle sue dichiarazioni maschiliste e le accuse di molestie.

Le minoranze

La composizione dell’elettorato americano risulta essere molto variegata su base etnica. Nonostante la maggior parte degli elettori registrati siano bianchi non ispanici, in alcuni Stati chiave come Florida, Arizona e Nevada questa percentuale scende sotto la media nazionale, spiegando anche i cambiamenti nei risultati elettorali. La comunità ispanica ha costituito il 13% dell’affluenza alle elezioni del 3 novembre.

La vicinanza del partito democratico alle problematiche legate all’immigrazione fa presupporre un voto quasi scontato dei latini per Joe Biden. Il voto degli ispanici è però cambiato nel tempo e la sua prevedibilità è legata piuttosto al Paese di provenienza. I messicani, contro cui Trump si è scontrato apertamente con la costruzione del muro, tendono a votare a sinistra. Coloro i quali invece provengono da regimi dittatoriali socialisti votano per i repubblicani. E’ il caso questo della Florida, dove il 26.4% della popolazione è di origine ispanica, per la maggior parte provenienti da Cuba o Venezuela. Proprio tra i cubani, Trump è riuscito a guadagnare 12 punti percentuali rispetto al 2016, dal momento che Biden era stato etichettato come socialista. Al contrario, in Arizona gli Ispanici, a maggioranza di origini messicane, hanno favorito Biden che è riuscito a conquistare il 63% dei voti.

Il voto degli afroamericani è quello più prevedibile. Dopo che il Presidente democratico Lyndon Johnson pose fine alla segregazione razziale nel 1964, è nel partito democratico che la minoranza afroamericana si riconosce maggiormente. La Georgia, Stato tradizionalmente repubblicano, è uno degli Stati che ha visto cambiare maggiormente la propria composizione elettorale nel corso degli anni, in seguito ad un consistente processo di immigrazione. Oggi più del 10% della popolazione è nata fuori dagli Stati Uniti, e il 32,2% è di origine afroamericana. Da loro, Biden è riuscito ad ottenere l’87% dei voti.

Il territorio

Le continue trasformazioni della demografia dell’elettorato americano sono dovute anche ad un fenomeno di migrazione costante. Sono gli stessi cittadini americani a spostarsi tra uno Stato e l’altro o verso le grandi città. Il luogo di residenza stesso può essere un elemento predittivo del voto. Nelle città abitano per la maggior parte giovani e con un più alto livello di istruzione. Ciò spiegherebbe l’affluenza di voti per Biden in città come Detroit (Michigan) e Philadelphia (Pennsylavnia), zone più densamente popolate. I voti per Trump provengono invece dalle zone rurali dove vivono più anziani e conservatori.

Data visualization insights:
Land doesn't vote. People do.#USElection2020 pic.twitter.com/MJWKPftOsx

— Bettina Forget (@BettinaForget) November 5, 2020
La mappa mostra i territori più densamenti popolati e quindi la distribuzione del voto sul territorio.

Tutti questi dati, a cui se ne aggiungono altri come l’ideologia politica, vanno sicuramente rapportati l’uno all’altro per riuscire a decifrarne l’influenza sul voto. Gli exit poll possono essere uno strumento utile a cui guardare per comprendere le trasformazioni in atto nell’elettorato americano. L’eterogeneità elettorale di un territorio vasto come gli Stati Uniti rende difficile l’analisi, ma uno studio che parte dalle caratteristiche della popolazione facilita certamente la comprensione dei numeri.

Articolo di Mara D’Oria

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Riguardo Mara D'Oria

Chi mi conosce dice che sono buffa e maldestra. A chi non mi conosce appaio impostata e precisa. Non so ancora quale sia la vera me, probabilmente entrambe. Di poche cose sono realmente sicura: sono sempre positiva, amo il buon cibo, viaggiare, scrivere e mi appassiona la politica internazionale.

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