Mentre i dati dipingono un’Europa investita da una seconda ondata di contagi da Coronavirus, nel mondo cominciano a delinearsi nuovi possibili scenari.
Partiamo dall’Italia.
A nove mesi da quel 11 gennaio 2020, l’epidemia da Coronavirus continua a diffondersi nel mondo a velocità sostenuta. I dati diffusi dal Ministero della Salute [aggiornati al 21 ottobre 2020] evidenziano un numero complessivo di contagiati pari a 434.449. Tra questi, sono più di 36.000 le persone decedute. In Italia si discute soprattutto delle misure anti-contagio, adottate dal Consiglio dei Ministri con un nuovo Decreto domenica scorsa. Alcune regioni non le considerano sufficienti, anzi ne valutano l’inasprimento.
La situazione preoccupa in tutta Italia. Per esempio, il Presidente della Regione Campania Vincenzo De Luca ha firmato una nuova ordinanza. Da Venerdì 23 Ottobre, fino al venerdì successivo, vige per i cittadini il divieto di spostarsi dalla provincia di residenza o domicilio, salvo comprovate esigenze. Anche Lazio, Puglia, Toscana e Lombardia hanno deciso di adottare nuovi e più stringenti provvedimenti. Infatti, per valutare gli effetti prodotti dall’adozione dell’ultimo Dpcm servirebbero circa dieci giorni, ma la delicatezza della situazione impone di giocare d’anticipo.

Fonte: Istituto Superiore di Sanità.
In questo contesto di grande preoccupazione, ci sono però alcuni fatti di cui vogliamo darvi notizia.
È stato avviato il programma European Interoperability Gateway Service
Due giorni fa, il Ministero della Salute ha reso noto che la app di tracciamento dei contagi Immuni è stata scaricata da 9,1 milioni di persone in Italia. Ma c’è di più. Immuni è tra le prime app a essere interoperabile a livello europeo, insieme alla tedesca Corona-Warn-App e all’irlandese Covid Tracker.
Dal 14 settembre scorso, infatti, l’Unione Europea ha lanciato lo European Interoperability Gateway Service, un’infrastruttura digitale sperimentale in grado di mettere in comunicazione tra loro diverse app di tracciamento. La prossima settimana, dovrebbe essere la volta di eRouška (Repubblica Ceca), Smitte Stop (Danimarca), Apturi Covid (Lettonia) e Radar Covid (Spagna). Sul territorio europeo sono state sviluppate per lo stesso scopo altre 13 applicazioni nazionali, che verranno collegate al server nel mese di novembre. La risposta europea alla pandemia, sembra dunque farsi sempre più concreta e puntuale.

L’Interoperability Gateway Service è gestito direttamente dal Data Centre della Commissione Europea e permette ai cittadini UE di usufruire dello stesso servizio di tracciamento dei contagi anche dopo il superamento dei confini nazionali. Questo implica che, se il Paese in cui vivo ha deciso di aderire al progetto, posso spostarmi all’interno dell’UE senza dover installare la app del Paese in cui mi reco. La Presidente della Commissione Europea Ursula von der Layen ha commentato così l’avvio di questo progetto:
La lotta al coronavirus è la nostra massima priorità.

A che punto sono le ricerche scientifiche per un vaccino?
Se da una parte, in Europa, si lavora dunque per unire gli sforzi nel tracciamento dei contagi, dall’altra si corre a ritmi frenetici per ottenere al più presto un vaccino efficace. Una sfida, questa, che non vede competere solo l’Europa, ma il mondo intero. Proprio per questo motivo, nei mesi scorsi le Nazioni Unite hanno lanciato COVAX: un network di collaborazione globale con lo scopo di accelerare lo sviluppo, la produzione e la distribuzione equa dei vaccini. COVAX è guidato dall’Organizzazione Mondiale della Sanità in cooperazione con GAVI Alliance, un’istituzione internazionale indipendente che si occupa soprattutto di tutela della salute dei popoli, mediante la stimolazione di un’ampia diffusione dei vaccini nei Paesi meno sviluppati.
Gli Stati che decidono di prendere parte a questa collaborazione avranno accesso garantito a un portafoglio di vaccini – qualsiasi sia l’azienda che riuscirà a renderlo disponibile per prima. In cambio, le Nazioni Unite chiedono di finanziare la produzione dei vaccini candidati con una contribuzione volontaria. I Paesi in via di sviluppo verrebbero tutelati mediante il meccanismo Advance Market Committed.
Lo scorso 18 settembre 2020, la Commissione Europea ha confermato ufficialmente la partecipazione a COVAX da parte di tutti gli Stati Membri, dando concretezza ad una manifestazione di interesse già annunciata a fine Agosto. L’UE partecipa dunque al programma, e mette sul tavolo circa 400 milioni di euro. I dettagli dell’accordo sono ancora in via di definizione. Comunque, così facendo, l’Unione Europea dovrebbe aver messo sotto chiave l’acquisto di 88 milioni di dosi.
Lo scenario internazionale
Due Paesi molto influenti sul panorama mondiale, gli Stati Uniti e la Russia, hanno deciso di non prendere parte a questo progetto di cooperazione internazionale. Inoltre, alcuni osservatori hanno sottolineato come il sistema delle donazioni metta in una posizione di svantaggio gli Stati più poveri poiché, secondo il programma sottoscritto, essi potranno vaccinare una percentuale di popolazione minore (3%) rispetto a quella dei Paesi donatori (fino al 20%).
Chi riceverà per primo le dosi disponibili?
Nella dichiarazione d’intenti sottoscritta al momento dell’adesione, non si considera l’eventualità di dare la precedenza ai Paesi che dovessero trovarsi nella situazione peggiore. Se ipotizziamo che non tutti gli Stati hanno investito ugualmente in COVAX, è realistico credere che la precedenza verrà data a chi, all’inizio, aveva investito maggiormente nel progetto. Altrimenti, nessun Paese avrebbe accettato di partecipare a questo progetto di cooperazione – perché non ne avrebbero tratto alcun beneficio.

Contro il COVID-19 sono quindi in atto due partite contemporaneamente: una nazionale, l’altra internazionale. E l’esito dipenderà anche da quanto saremo capaci di fare gioco di squadra.
Articolo di Gloria Beltrami