La crisi identitaria del primo partito italiano
La Lega: il partito – eccezione
Che la fine della Prima Repubblica abbia trascinato con sé il partito di massa è cosa nota a qualsiasi studioso di scienze politiche. L’affermazione della televisione commerciale prima e dei social network in seguito, lo svuotamento sostanziale delle competenze del potere legislativo in favore dell’esecutivo e infine Tangentopoli, sanciscono l’avvento di un nuovo modello di partito.
Le sezioni dei partiti di massa sembrano inappropriate per il mercato elettorale aperto. L’elettore non sceglie più per cultura, bensì secondo gusti volubili; non per contenuto programmatico, ma piuttosto poiché il leader di tale partito è riuscito a bucare lo schermo incarnando emozioni e paure.
Una questione che è importante risolvere riguarda il destino delle subculture della Prima Repubblica. La necessità si impone poiché una cultura difficilmente muore, tantomeno svanisce nel nulla. Le culture si intrecciano, possono essere assorbite, mutano, ma comunque resistono e persistono.
Nel nuovo millennio, la Lega Nord, sopravvissuto della Prima Repubblica, risponde alle esigenze di una parte della cultura cattolica, quella del Nordest, motore economico del Paese. Adeguandosi alle inquietudini di questo sub-universo, la Lega si impone come quel partito che per sopravvivere non ha bisogno del cambiamento radicale portato avanti invece dal partito-azienda di Berlusconi e successivamente dal centrosinistra, che si appellano ad un popolo non più definito ideologicamente e culturalmente.
Una simile trasformazione sarebbe stata allora controproducente per il Carroccio: la Lega non si sarebbe distinta dal resto dell’offerta elettorale, non avrebbe avuto ragion d’essere e avrebbe perso la connotazione territoriale originaria.
La subcultura verde
Il peso ridotto dell’identità di classe e lo sviluppo economico del Nordest, basato su piccola e media impresa, hanno favorito il riemergere di un cleavage centro/periferia, con il Nord industrializzato insofferente verso lo Stato centrale, poiché riconosceva se stesso come un gigante economico ma un nano politico, fortemente penalizzato dal processo di redistribuzione delle risorse.
Luca Ricolfi, nel saggio “Il Sacco del Nord” (2010), mostra come nel decennio passato il Nord coprisse i disavanzi di altre regioni con una cifra vicina ai 45 miliardi di euro. Di questi oltre la metà proveniva dalla Lombardia (25 miliardi) e i rimanenti principalmente da Veneto, Emilia Romagna e Piemonte.
La questione settentrionale
Al riguardo si può parlare di una questione settentrionale e di un’insofferenza verso le altre aree del Paese, tanto che la Lega di Bossi, in un primo momento, si era avvicinata all’europeismo in base all’idea secondo la quale soltanto la Padania avrebbe soddisfatto i requisiti europei per la moneta unica, differentemente dal resto d’Italia. Il distacco dall’europeismo avvenne per distinzione rispetto all’offerta elettorale, allora schierata a favore di una maggiore integrazione.
La visione leghista non nasce dal nulla, viene ereditata da movimenti autonomisti esistenti e radicati, e sposata da una subcultura esistente, che da bianca diviene verde. Su questa base la Lega costruisce un proprio pantheon e una simbologia extra-politica, spesso anche in conflitto con il centro cattolico avente il proprio cuore nella “Roma Ladrona“.
Il discorso leghista ha avuto successo per lungo tempo, anche senza un uso nazionale dei mezzi di comunicazione. Certamente esistevano i propri media: Radio Padania, Tele Padania e il giornale padano; tuttavia rimanevano protagonisti gli attivisti e le sezioni. A onor del vero, la Lega rimase forse l’unico partito a permettere la scalata interna degli iscritti attivi.
Il partito interpretava le esigenze della base, a volte in modo contrastante rispetto al dettato costituzionale, fissando ad esempio l’obiettivo dell’indipendenza. Tuttavia, le risposte di Bossi rimanevano largamente accettate al Nordest.
A rompere questo equilibrio interviene la corruzione che travolge anche il Carroccio. Bossi designa il figlio per la successione, provocando uno scontento generale per la mancata designazione di Maroni. In seguito la laurea in Albania e la vicenda Belsito, che mostrano come la Lega non fosse poi così aliena alla corruzione dello Stato centrale.

https://bergamo.corriere.it/notizie/opinioni/16_settembre_20/dio-po-lega-miti-fragili-c89d4826-7f0a-11e6-882b-8c36c80b948f.shtml
La Lega per Salvini Premier
In un Congresso inedito nella forma, con la vistosa assenza del protagonismo della base, Salvini ha lanciato, ad agosto del 2020, un nuovo partito, sancendo anche sul piano formale la morte della Lega territoriale.
Nella sostanza cambia poco. La Lega aveva aperto al Sud fin dall’esordio del nuovo segretario e alle ultime politiche ed europee, i risultati positivi sono arrivati.
Il problema riguarda la sostenibilità di questo modello che coesiste con la vecchia struttura leghista. Certamente è prematuro dire che la Lega è in crisi, vista la solida posizione alla testa dell’offerta elettorale italiana, ma già sono presenti alcuni segni preoccupanti per il partito.

https://www.ilpost.it/2014/12/19/simbolo-noi-con-salvini/
I limiti del modello
Il primo partito d’Italia attraversa una forte crisi identitaria, dovuta all’immagine di partito nazionale che ne ha fatto la fortuna sul breve termine, e alla persistenza di una base forte soltanto al Nord.
Abbracciando il modello di un partito le cui sorti sono determinate dalla leadership, la Lega dovrà accettare che la vita politica del leader è breve, soprattutto se la base che sostiene il partito, anche economicamente, è settentrionale. Gli elettori leghisti del Centro-Sud sono mobili, non forniscono sostegno economico e organizzativo. Lopapa P. e Tito C., in un articolo sul quotidiano “La Repubblica”, mettono in luce la distanza radicale tra le due anime.
I contribuenti che hanno versato nella dichiarazione dei redditi il 2xmille alla Lega sono stati 63.689 per un totale di 753.093 euro. La distribuzione geografica è illuminante: i finanziatori più numerosi sono i lombardi, circa 24 mila. Seguiti dai veneti, circa 20 mila. Terzi sul podio i piemontesi: 5 mila. Le regioni del Sud sono, come prevedibile, i fanalini di coda. Ma molto in coda. I sardi sono più attivi ma non arrivano a trecento e i siciliani sono appena 266.
La delusione serpeggia tra gli attivisti
La perdita dell’identità regionale irrita la base del Nord. Il 30% degli iscritti storici ha deciso di non tesserarsi nuovamente. Per la Lega è una perdita in termini economici e di know-how.
Aprendosi al mercato elettorale nazionale, la Lega è costretta ad accettare la competizione degli altri partiti. Tra questi, l’elettorato di destra risulta particolarmente combattuto tra Lega e FdI. Secondo i sondaggi Demos, Giorgia Meloni è la seconda leader preferita dagli italiani, con il 40% di gradimento, superata solo dal Presidente del Consiglio Giuseppe Conte.
Il 19% di quanti avevano votato per la Lega [ultime elezioni], ovvero oltre il 6% di tutti gli elettori, voterebbe oggi FdI.

https://www.lastampa.it/topnews/primo-piano/2020/07/05/news/salvini-meloni-tajani-l-armonia-e-di-facciata-uniti-sul-palco-ma-divisi-sui-temi-piu-caldi-1.39044832
Le amministrazioni leghiste
Non mancano i conflitti con le amministrazioni consolidate, come quella di Luca Zaia in Veneto. Mentre i governatori leghisti impongono l’uso della mascherina, il leader del Carroccio la toglie. Le personalità influenti del partito, tra tutte il Vice Segretario Giorgetti, non condividono le scelte di Salvini, tanto che Giorgetti ha disertato la festa della Lega a Cervia, in Romagna, un territorio che Salvini aveva promesso di espugnare.
Crisi leghista?
E’ chiaro che parlare oggi di crisi della Lega è prematuro. Le eventuali perdite elettorali della Lega sarebbero tra l’altro riassorbite dall’alleato di destra, FdI, rendendo la coalizione di destra anche più forte seppur meno salviniana.
Rimane comunque da vedere se e come la Lega risolverà la contraddizione tra la presenza sul piano nazionale e l’attivismo di una base ancora radicata territorialmente e desiderosa di influire, ma al contempo stanca e delusa.
Articolo di Luca Totaro