Una riflessione dopo i fatti avvenuti in Calabria.
Ne usciremo migliori, questa esperienza ci cambierà per sempre.
È stato questo il leitmotiv che durante il periodo del lockdown ci ha accompagnato sui social. Molti credevano e speravano che l’emergenza sanitaria, che si è abbattuta su tutto il mondo, ci facesse capire quali sono le cose che nella vita contano davvero e che, alla fine, si capisse che siamo tutti diversamente e meravigliosamente uguali, aldilà del colore della pelle, del credo religioso o delle idee politiche. Ma sui social è facile prendere posizione e battersi per la giustizia, basta vedere l’ondata di post in sostegno del movimento Black Lives Matter. Il problema è che poi, ai buoni propositi e alla buona volontà tanto decantata sui social, non sempre corrispondono buone azioni nella realtà. Quello che è successo in Calabria qualche giorno fa, in merito alla questione dei migranti risultati positivi al coronavirus, ne è un esempio lampante.
Cosa è successo in Calabria
Ricostruiamo i fatti per comprendere cosa sia effettivamente accaduto. L’11 luglio scorso 70 migranti sono stati soccorsi al largo di Caulonia. Di questi, 28 sono risultati positivi al Covid-19, e tra loro cinque sono minorenni. Da subito la macchina degli aiuti si è mossa per gestire la situazione e limitare i contagi. I migranti di origine pakistana sono stati distribuiti nei centri di accoglienza di Amantea, Bova e Roccella Jonica.
In un mondo veramente cambiato, in cui si comprende il senso dell’accoglienza e dell’aiuto nei confronti del prossimo, tutto ciò non avrebbe dovuto nemmeno fare notizia. Ma nel mondo in cui siamo abituati a vivere, che è rimasto lo stesso se non addirittura peggiorato, dei migranti positivi diventano una minaccia. Ancora una volta si è riusciti a fare strumentalizzazione sulla pelle di poveri innocenti. La governatrice della Calabria, Jole Santelli, sulle sue pagine e in TV ha parlato di vera e propria “situazione esplosiva”, minacciando il governo di vietare gli sbarchi se non avesse ricevuto una risposta in tempi rapidi. A lei ha fatto eco Matteo Salvini, che da sempre ha fatto della lotta ai migranti il suo cavallo di battaglia. Il leader della Lega non si è lasciato sfuggire questa occasione per fare propaganda e schierarsi a fianco dei “cittadini disperati”, a suo dire.
Le proteste dei cittadini
Se agli exploit dei politici siamo ormai, purtroppo, abituati, ciò che ha colpito di più di tutta questa storia è stata la reazione di 200 cittadini che, il giorno dopo lo sbarco, hanno protestato, bloccando la statale SS18 ad Amantea e sdraiandosi a terra al grido di sicurezza e protezione. I manifestanti hanno prontamente sottolineato che, a loro avviso, non si trattava assolutamente di una questione razziale ma semplicemente di paura che tutto ciò potesse influire negativamente sul turismo del luogo, fonte principale di entrate economiche. Le dure reazioni della cittadinanza, che minacciava di continuare la protesta se la situazione non fosse cambiata, hanno costretto il Viminale a spostare i 13 migranti di Amantea al Celio di Roma.

Due pesi e due misure
Tutto ciò dovrebbe lasciarci a dir poco sgomenti. 28 persone, 28 esseri umani vengono considerati un grave pericolo per la comunità, al punto da dover scendere in piazza a protestare. Peccato che poi, lo stesso trattamento non venga riservato a tutti coloro che non rispettano le regole di contenimento del virus in vigore ancora oggi. Gli stranieri, per l’ennesima volta, sono percepiti come una minaccia e devono essere allontanati, costi quel che costi. Persino un virus viene “nazionalizzato”. Se sei un italiano affetto da Covid-19 allora va bene, mentre se sei un migrante affetto dalla stessa malattia, fuori da casa nostra.
Appare, addirittura, necessario dover sottolineare che ad avere il virus sono gli immigrati inserendo, nel bollettino regionale quotidiano della Calabria, un asterisco con la dicitura “+ 26 migranti positivi”. Tale distinzione ha scatenato numerose reazioni da parte dell’opinione pubblica. Il movimento delle Sardine ha accusato la Regione di “discriminazione istituzionalizzata”, sottolineando come “il virus non fa distinzioni mentre le istituzioni sì”.

In tutta questa vicenda sembra chiaro che il problema sia sì un virus, ma non il Covid-19. C’è infatti un virus che attanaglia da tempo la nostra società e che si sta acuendo sempre di più: il razzismo. La campagna di odio nei confronti dei migranti o delle persone di colore sta portando ad uno spaventoso aumento degli episodi di brutalità razziale. Il caso di George Floyd, ucciso negli USA, che ha poi portato ad una serie di proteste e manifestazioni mondiali, legate al movimento Black Lives Matter di cui parlavamo in apertura, ne è un triste e drammatico esempio.
Un esempio positivo
In questa brutta storia l’unico vero spiraglio di speranza ed empatia è stato dimostrato dal sindaco di Roccella Jonica, Vittorio Zito. Su Facebook ha dichiarato.
Roccella ospita 20 migranti, minori non accompagnati, sbarcati la scorsa notte. Lo fa perché è un suo preciso dovere dettato dalla legge. Ma lo fa anche perché crede che quando si è chiamati a svolgere il proprio dovere lo si deve fare fino in fondo. E se è tuo dovere organizzare l’accoglienza dei minori non accompagnati – ragazzini di 13, 14 o 15 anni che hanno negli occhi la tristezza della fuga dalla propria casa, il dolore per quello che hanno visto e la paura per il futuro – lo fai al meglio e basta. Poi, quando ti dicono che tra di loro ci sono 5 casi di positività al Covid-19, ti metti subito al lavoro per gestire in piena sicurezza questa situazione, al fine di non generare alcun pericolo per i cittadini e i turisti. Ma facendo attenzione a non abbandonare nemmeno per un istante la preoccupazione di garantire il pieno rispetto della dignità di questi esseri così fragili… sappiamo che dobbiamo farlo, perché è nostro dovere di uomini farlo.
Trarre un insegnamento
Questo a dimostrazione che le emergenze, siano esse sanitarie o migratorie, devono essere sempre affrontate non dimenticandosi mai del fatto che si sta parlando di persone, uomini e donne che vengono da situazioni di grave povertà e sofferenza. Bisognerebbe fare un plauso grande, grandissimo a questo sindaco che con estrema delicatezza ha compreso la situazione e l’ha gestita al meglio, rassicurando i suoi concittadini ma, allo stesso tempo, non abbandonando i migranti. Questo è ciò che le istituzioni e i politici dovrebbero sempre fare: controllare e monitorare ciò che succede, aiutando chi ha bisogno e ci sta chiedendo disperatamente aiuto. Purtroppo, però, oggi è più facile vedere i migranti come il “bersaglio” facile contro cui schierarsi sempre e comunque, al fine di ottenere solo qualche voto in più in fase elettorale.

Gli slogan roboanti dovrebbero lasciare il posto a fatti e aiuti concreti. L’umanità che sembra ormai perduta dovrebbe ritrovare la sua bussola. Per farlo dovrebbe cominciare a comprendere che lo straniero non è un pericolo, ma una grande immensa ricchezza.