Intervista all’autore di Bomba Atomica
Romagnolo di 42 anni, residente a Sala di Cesenatico, Roberto Mercadini è da poco uscito in libreria con il suo secondo testo per Rizzoli, Bomba Atomica, libro di narrativa andato in ristampa ancora prima che fosse pubblicato e che in pochi giorni ha letteralmente scalato le classifiche nazionali. Descrivere Mercadini come un “semplice” scrittore, tuttavia, sarebbe riduttivo. Il romagnolo, infatti, da molti anni recita monologhi nei teatri, e ha un canale YouTube che conta all’incirca centomila iscritti. Noi di Schegge abbiamo parlato con lui della sua triplice carriera e del suo nuovo libro.

Chi è Roberto Mercadini?
Inizialmente ero un informatico con la passione per il teatro e credevo che di sola arte non si potesse vivere. Ero fondamentalmente obbligato a fare l’informatico. All’inizio mi limitavo a scrivere poesie, non per il piacere di vederle pubblicate da qualche parte, ma per quello di poterle raccontare davanti a una platea. In realtà, il teatro, YouTube e i libri sono facce di uno stesso poliedro.
Il suo canale YouTube risale al 2009, conta circa sei milioni e mezzo di visualizzazioni e ha quasi centomila iscritti. È in grado di identificare il punto di svolta della sua carriera online?
Assolutamente sì, fu due anni fa. All’epoca ero conosciuto esclusivamente in Romagna, mentre fuori non mi conosceva letteralmente nessuno. Avevo anche un po’ perso fiducia nei video online, perché il canale cresceva lentissimo. In quello stesso periodo doveva uscire un libro per Rizzoli (Storia perfetta dell’errore, ndr), e volevo a tutti i costi evitare il fallimento totale nelle vendite. Così ho ripreso in mano il canale e quasi subito c’è stata la svolta. In particolare è arrivata con i video “La follia della mela”, che ha spopolato su Facebook, e con “La Terra è sferica?”, che invece è andato fortissimo su YouTube. Dopo questi video sono andato a fare uno spettacolo a Brescia: credevo di non trovare nessuno e invece c’era una folla di persone che aspettava solo di farsi una foto con me.

Chi è, online, l’utente-tipo di Mercadini?
Ho un pubblico molto attivo, molto giovane. C’è proprio una grossa differenza tra il pubblico della prima ora, romagolo, più adulto, e il nuovo pubblico venuto dai social, fatto di ragazzi molto giovani. Spessissimo – scherza, ndr – mi capitano i follower-nerd: guardandomi ci si aspetterebbe un pubblico proveniente dal DAMS, o dei punkabbestia, e invece vengono dei matematici, dei fisici, dei perbenino intimiditi anche dal chiedermi una foto.
Su internet però ci sono anche molti hater. Lei come reagisce quando la insultano?
Nel corso degli anni ho cambiato il modo di rapportarmi con loro. All’inizio non ero preparato, e sono anche rimasto un po’ spiazzato, ma dopodiché devo dire che hanno fatto in parte la mia fortuna. Dagli insulti, infatti, ho creato alcuni video che sono anche diventati virali. Oggi reagisco meglio: non mi arrabbio mai, ma faccio video in cui cito le accuse senza mai dire chi le abbia mosse, e le smonto con ironia.
A teatro invece quando è arrivata la popolarità?
Sempre nel 2018, dopo lo spettacolo di Brescia di cui parlavo prima. Alla fine c’era una folla che mi sembrava interminabile. Naturalmente molto pubblico viene a vedermi dopo che mi ha conosciuto online.
Guardando alla situazione attuale, come ha reagito la sua compagnia teatrale alla pandemia?
Per ora possiamo dirci tutto sommato fortunati. Siamo già ripartiti, e in estate ci aspetta una bella rassegna teatrale di nome Elsinore, riprendendo l’Amleto. Bisognerà però capire cosa accadrà questo autunno: se, come alcuni dicono, arriverà una seconda ondata, allora potrebbero esserci problemi molto seri.

Prima di arrivare a Bomba Atomica, facendo un passo indietro, come è passato dai piccoli editori locali a un editore blasonato come Rizzoli?
Devo ringraziare Guido Catalano, poeta torinese che, prima di me, è passato da leggere poesie di fronte a poche persone, a riempire teatri da mille posti. Rizzoli gli chiese se conoscesse altri personaggi simili e lui, a mia totale insaputa, fece il mio nome. Così l’editore mi chiamò dicendomi che Catalano da molto tempo stava insistendo perché scegliessero me.
Veniamo a Bomba atomica. Quando le è venuta l’idea del libro?
Tutto è partito da un monologo che mi era stato commissionato tre anni fa per parlare del cinquantesimo anniversario dalla morte di Robert Oppenheimer, uno dei fisici che costruì la bomba atomica. L’argomento mi interessò subito, ma fui costretto a liquidare passaggi storici cruciali in pochi minuti. Si tenga conto che, nel monologo, non riuscii nemmeno a citare il nome di Oppenheimer. Così, quando mi è stato chiesto di scrivere il secondo libro non ho avuto dubbi, e per la stesura ho impiegato un anno, facendo moltissime ricerche e leggendo, tra gli altri, anche il Mein Kampf di Hitler.
La quarta di copertina esordisce con: “Che senso ha raccontare la storia della bomba atomica?”. Le giro la domanda, dunque, che senso ha?
Ha senso perché è una di quelle storie che corrisponde a quello che io chiamo “il paradosso della Gioconda”: un’opera che tutti hanno visto almeno in foto, ma di cui nessuno sa niente. Per esempio, quanti sanno che la Gioconda non è dipinta su tela, ma su una tavola di legno? Allo stesso modo tutti conoscono la vicenda delle due bombe atomiche, ma perché furono sganciate proprio contro Hiroshima e Nagasaki? Ma non era stata costruita contro Hitler? Quali scienziati l’hanno costruita? Insomma, quella della bomba atomica è una storia piena di “gioconde”, di colpi di scena, persino di tanta ironia. L’unica cosa che paradossalmente non stupirà nel mio libro è il finale: tutti sanno com’è andata a finire.

Il libro si fonda anche sugli opposti. Nell’incipit dice che in guerra ogni soldato ha due obiettivi: non morire e – sorprendentemente – non uccidere. Cosa vuole comunicare ai lettori con queste dicotomie?
Faccio un appello alla complessità, perché le cose non sono mai come sembrano, c’è sempre un altro lato della medaglia. Ciò è vero a maggior ragione quando si parla del linguaggio, in cui ogni frase è interpretabile in due modi diversi e opposti. Così, nel mio libro, contrappongo Ludwig Wittgenstein, che sosteneva che la filosofia fosse una gara in cui vince chi arriva ultimo, a Enrico Fermi, genio della fisica, intelligentissimo, ma che a un certo punto viene colpito da questa inerzia, da questa lentezza, come ubriaco della sua stessa intelligenza.
Attore, videomaker e scrittore. È obbligatorio dunque chiudere chiedendole non uno, ma tre sogni. Uno per ciascuna delle sue professioni.
Come autore vorrei scrivere qualcosa sui pirati. Come attore mi piacerebbe portare a teatro un monologo su Dante, di cui nel 2021 ricorrono i 700 anni dalla morte. Infine, come videomaker vorrei iniziare delle collaborazioni con altri creatori di contenuti che parlano di tematiche lontanissime dalla mia, e instaurare un dialogo con loro in cui ciascuno spiega all’altro quello che sa.