La fine della quarantena è arrivata e le domande si fanno sempre più grandi. In particolare, c’è una fetta di lavoratori che deve fare i conti con le poche tutele e le tante difficoltà. E chi non lo vive sulla propria pelle fa fatica a capire la portata di questa crisi in uno dei settori che farà più fatica a ripartire. Abbiamo quindi preso come riferimento tre locali molto diversi tra loro nel panorama bolognese e ci abbiamo fatto due chiacchiere. Abbiamo già parlato con Giovanni Marinelli del Cortile Cafè e con Marco Cantelli del Covo Club. Lo scorso 6 maggio abbiamo chiacchierato su Skype anche con Giovanni Gandolfi per il Locomotiv Club.

Partiamo da lontano: contestualizziamo un po’ la realtà del Locomotiv. Cosa è, dove si trova e in che momento eravamo il 23 Febbraio.
Locomotiv nasce nel 2007 e da quel momento, avendo tutti già esperienze in ambito musicale, è cresciuto costantemente. Ci piace la musica e ospitando artisti internazionali e nazionali il curriculum di Locomotiv è migliorato sempre di più in termini quantitativi e, ci piace pensare, anche qualitativi. Il danno è avvenuto in un momento “positivo”, il che paradossalmente è meglio, così da reggere meglio l’urto grazie a questa struttura solida. Se fossimo stati in crisi probabilmente avremmo chiuso. E nella nostra storia ci sono stati momenti in cui il problema chiusura si è fatto molto reale.
Va detto che il nostro settore aveva già problemi di vario genere prima della pandemia. È stato un po’ un susseguirsi di tragedie negli ultimi anni, dal Bataklan a Corinaldo: tutte cose che ci hanno sempre fatto capire la natura abbastanza precaria del nostro lavoro. Precaria anche rispetto alla non riconoscibilità di molti lavoratori nel mondo musicale, dagli organizzatori, ai tecnici, agli artisti stessi. Manca sicuramente una legislazione che stimoli a intraprendere questo percorso. Sicuramente questa ulteriore mazzata non ci voleva. Anche se la pandemia rende il danno totale, in qualsiasi settore. Quindi almeno siamo sulla stessa barca.
Lo Stato e il Comune cosa stanno facendo rispetto alla vostra situazione? Che tipi di tutele e agevolazioni ci sono, se ci sono?
Essendo un’associazione culturale non entravamo automaticamente in una categoria che aveva diritto alla cassa integrazione, ma abbiamo fatto richiesta in deroga e fortunatamente ci è stata concessa, per cui i lavoratori del Locomotiv sono in cassa integrazione. Ad eccezione dei tecnici purtroppo, i quali sono sotto contratto con delle cooperative dello spettacolo, per cui non gli è stata concessa. Allo stesso tempo per molti di loro il fatto di essere legati a queste cooperative sotto contratto, ha impedito anche di chiedere il contributo di 600 euro. In questo momento, pare che le istituzioni stiano cercando delle soluzioni per i lavoratori “intermittenti” come i tecnici. Loro sono sicuramente quelli meno tutelati di tutti.
Il Comune ha avuto delle aperture per quello che può essere la sua pertinenza diretta. Noi non siamo in affitto in una struttura comunale, ma privata. È sicuramente la spesa fissa più importante da sostenere, soprattutto nel momento in cui – in lockdown – non potevi neanche entrare nel posto per cui paghi. Adesso ci aspettiamo che qualcosa si muova, che arrivi qualche protocollo che ci venga spiegato cosa possiamo fare: in base ad esso, capiamo che tipo di riconversione immaginarci. Visto che al nostro interno abbiamo anche uno studio di registrazione siamo pronti a percorrere altre strade rispetto alla realtà dei concerti, cosa che realisticamente per un po’ di tempo non si potrà fare.
C’è da parte vostra l’idea di riprendere, quando possibile, la programmazione del Locomotiv magari con mascherine, distanziamenti e termometri?
Diciamo che il nostro lavoro è un po’ il male in questo momento, visto che si tratta di aggregare persone, l’opposto di ciò che dovremmo fare. Una volta uscito il protocollo possiamo pensare anche ad un contenuto che sia proponibile, anche finanziariamente parlando. Il distanziamento fisico non vorremmo che diventasse anche distanziamento sociale quindi direi che è una cosa che possiamo immaginarci, ma è da sperimentare e vedere come va. Dire che qualcuno abbia la ricetta giusta non è possibile. Ovviamente per tornare a fare il nostro lavoro così come lo abbiamo sempre svolto, abbiamo bisogno che le cose ritornino come erano prima.
Da Giugno proveremo ad immaginare qualcosa?
Già i bar che saranno aperti dal 18 potrebbero essere un indicatore di cosa succederà anche ai club. Ci faremo ispirare dai protocolli che usciranno per loro, per le messe, per i T-days.

Pensare qualcosa all’aperto stile “Tutto Molto Bello” nel parco del DLF?
Sicuramente è una cosa su cui stiamo ragionando. C’è una bella apertura del Comune nel concedere i permessi per i dehors. Nel nostro caso non abbiamo né strade né strisce blu quindi realisticamente in via sperimentale è un’alternativa percorribile. La fattibilità dipende anche da come reagisce la gente, se ha effettivamente voglia di uscire, se si sente sicura nello stare in certe situazioni. Sono tutti punti interrogativi ed essendo la prima volta che ci si trova in un momento di questo tipo, la fase di sperimentazione è fondamentale.
Credo che sia una cosa da capire a livello pratico infatti… Magari da casa, in un questionario, il pubblico dice che andrebbe ad un concerto all’ aperto, con distanze e mascherine, ma non è detto che il giorno prima non venga fuori diffidenza o paura e se ne stia poi a casa. Riusciamo ad immaginarci una vita culturale della città da qui a breve?
La cultura, di cui la musica è solo una parte, è anche quella che più difficilmente puoi fruire in modo diverso. Una sezione di fiati avrà bisogno di più spazio per suonare… Anche perché “sputano dentro una tromba”, quindi devono per forza stare lontani! Ci sono problemi anche di quel tipo là. È difficile immaginarci che la gente stia in piedi come dal tabaccaio con le impronte che ti dicono dove devi stare. Io immagino che si possa fare una volta, poi passa la voglia.
Cultura è anche ascoltare un disco o leggere un libro, ma il fatto di farlo con le altre persone dal vivo sarà più complicato, per cui sicuramente sarà un’estate molto sotto tono rispetto a quelle scorse e di questo dobbiamo farcene una ragione, sia chi organizza che chi fruisce. Ed è anche difficile proprio per il tipo di virus immaginarsi delle alternative che abbiano un senso logico. Sono stati pensati concerti in streaming o drive in. Ovviamente uno le pensa tutte, però che possa funzionare più di una volta è improbabile: una volta è “provo una cosa nuova”, poi ci si rende conto che non arricchisce così tanto e non la si ripete.
Penso un po’ anche alle barriere all’entrata: se non ho la macchina non posso andarci, quindi non sarebbe aperto a tutti…
O se non hai una decappottabile, a livello sonoro non è il massimo. Mettiamoci il caldo estivo, che se ti chiudi dentro una macchina lo fai con l’aria condizionata, quindi si inquina pure.
Lo streaming e l’uso dei social in questo momento sono stati fondamentali per molte realtà del settore. Come si pone Locomotiv in questo ambito?
All’inizio della pandemia, poteva avere un senso utilizzare anche quei canali essendoci un’attenzione alta dal pubblico. Ma, tra che gli artisti hanno utilizzato perlopiù il loro canale e non essendoci più la necessità di un posto fisico, la mediazione del locale diventava un’aggiunta. Perso quel momento di entusiasmo iniziale, è emerso come un palliativo temporaneo. Adesso ne vedo sempre di meno. Poi chiaramente, dopo che altri paesi sono entrati nel lockdown c’è stata un’offerta gigantesca di questo tipo di contenuti, quindi anche una dispersione totale. Diventava difficile far suonare un artista minore e trovare attenzione, quando nello stesso momento c’era James Blake. Per cui non ci siamo mai cimentati su questa cosa, anche perché nel primo periodo il pensiero di dover fare anche una programmazione di performance in streaming era allucinante visto che stavamo rinviando o annullando i concerti che avremmo avuto in questi mesi.
Inizialmente sembrava anche che di lì a poco avresti ricominciato, poi ogni giorno che passava dicevi “oddio secondo me questo non riuscirò mai a farlo in Aprile, poi a Maggio, poi a Giugno”. Servirebbe saperlo con un po’ di preavviso, non che venga fuori il giorno prima un “puoi aprire il Locomotiv, organizza”. Realisticamente nella la più rosea delle ipotesi si parla di autunno e noi ci crediamo ancora. Ora ci stiamo concentrando sul sopravvivere fino all’apertura definitiva.