Il mio peccato principale è il dubbio. Io dubito di tutto e mi trovo sempre nel dubbio.
Questo è uno dei pensieri più celebri dello scrittore e filosofo russo Lev Tolstoj nel suo romanzo Anna Karenina. Spesso mettiamo in discussione messaggi che non ci trasmettono ciò che vorremmo: la sicurezza. Il dubbio fa parte della nostra natura intellettuale, non possiamo prendere per vero tutto quello che ci viene detto o mostrato. Abbiamo bisogno di sentirci sicuri e scoprire noi stessi la verità che tanto desideriamo.
Poche settimane fa, il dubbio del giornalista de La Stampa Jacopo Iacoboni ha scatenato una “crisi giornalistica” tra l’Italia e la Russia. Tutto ha avuto inizio con la pubblicazione dell’articolo sugli aiuti russi in risposta all’emergenza sanitaria che stiamo vivendo.
Il fatto risale al 26 marzo scorso quando, in piena emergenza sanitaria, l’inchiesta dal titolo Coronavirus, perché la Russia sta aiutando l’Italia? infastidisce il Ministero della Difesa russo e il suo portavoce, che “in modo molto pacato e diplomatico” decidono di rispondere a tono alle insinuazioni russofobiche del giornalista italiano, ricorrendo a un post Facebook.
Ma facciamo ordine
Durante le prime settimane di lockdown, l’Italia si trova ad affrontare uno dei peggiori scenari della pandemia: mancanza di mascherine e ventilatori polmonari, pazienti ricoverati nei reparti di terapia intensiva ormai al collasso… La solidarietà internazionale non tarda ad arrivare. Vengono inviati in Italia milioni di mascherine, materiale sanitario e medici da ogni angolo del mondo – anche da paesi che non ci saremmo aspettati, come Cina, Egitto, Qatar, Albania, Cuba, Turchia, Romania, USA, Emirati Arabi, Norvegia, Kuwait, Ucraina, Brasile. Ma uno in particolare desta sospetti: la Russia.
La Russia scende in campo
Gli aiuti russi arrivano domenica 22 marzo all’aeroporto militare Pratica di Mare, accolti dal Ministro degli Esteri Luigi Di Maio dopo essere stati concordati in una telefonata tra il premier Giuseppe Conte e il presidente Vladimir Putin. Atterrano 9 aerei cargo militari provenienti da Mosca e con questi: un contingente di 104 unità, 32 operatori sanitari – tra cui medici militari, virologi, esperti in malattie infettive -, 51 bonificatori e migliaia di mascherine di cui l’Italia ha tanto bisogno. Tra il materiale inviato ci sono anche dei mezzi motorizzati Kamaz dell’esercito russo, attrezzati per sanificare le strade.

Che cosa c’è esattamente negli aiuti arrivati dalla Russia? Questi aiuti sono stati pagati? Perché all’improvviso abbiamo visto dei mezzi militari con le bandiere russe sul suolo italiano? Si domanda il giornalista de La Stampa.
Alla luce degli elementi disponibili, Iacoboni cerca di dare una risposta a queste domande. A quanto pare, né Palazzo Chigi né il Commissario straordinario per l’emergenza Arcuri, sono stati in grado di dare una risposta chiara e spiegare in cosa consistessero queste forniture a La Stampa. Si precisa che questi aiuti sono un regalo della generosità di Putin, e che nulla è stato pagato. Poi la palla passa ai russi che, quando il caso viene diffuso dalla stampa italiana, precisano: le forniture consistono in 600 ventilatori polmonari, 326.000 mascherine FFP2 e tute protettive.
L’ambasciatore russo in Italia, Sergey Razov, spiega con sincerità (cit. Iacoboni) che sono arrivati in Italia 15 voli speciali dell’aviazione militare di trasporto della Russia con a bordo specialisti militari, virologi, esperti di guerra batteriologica, attrezzature e mezzi sanitari. Di intesa con l’esercito italiano, i 122 militari russi sono stati dislocati su diverse aeree del nord Italia, in particolare Bergamo e altre province fortemente colpite dal contagio.

Solidarietà o strategia geopolitica?
Gli specialisti inviati sul suolo italiano, sono esperti chimici, virologi, batteriologi che hanno operato in vari scenari di guerra in Siria. Questo dettaglio scatena preoccupazione, dal momento che l’Italia è un paese membro della NATO e sul proprio territorio ospita alcune basi militari del patto atlantico.
Secondo le fonti politiche di alto livello, di cui Iacoboni ci risparmia i dettagli, c’è sicuramente molta attenzione per questa invasione russa sul suolo di uno stato libero e sovrano come Italia, nonché membro UE e NATO. L’80% di queste forniture sarebbero inutili o comunque poco utili secondo le fonti segrete di Iacoboni. L’obiettivo non sarebbe altro che un grande consolidamento geopolitico tra Italia e Russia.
Iacoboni conclude i suoi dubbi, citando la Campagna Italiana di Suvorov: l’ultima volta che l’esercito russo è stato in Italia nel 1799, durante le guerre della seconda coalizione contro la Francia di Napoleone Bonaparte.
La risposta del Ministero russo
Non tarda ad arrivare la replica del General Maggiore e rappresentante ufficiale del Ministero della Difesa russo, Igor Konashenkov. Con una dichiarazione su Facebook, il portavoce del Generale, risponde alle presunte insinuazioni russofobiche del giornalista, facendo appello alla propaganda antisovietica che La Stampa vorrebbe diffondere screditando gli aiuti inviati.

Ciò che colpisce più di tutto, in questa dichiarazione, è la parte finale:
Per quanto concerne I committenti veri della campagna mediatica russofoba di La Stampa, che ci sono noti, consigliamo loro di imparare un’antica saggezza: Qui fodit foveam, incidet in eam (chi scava una fossa al prossimo ci finirà prima). O, per essere ancora più chiari: Bad penny always comes back.
Queste dichiarazioni aperte del Generale, hanno scosso non poco i destinatari del messaggio. Una minaccia di morte online? Un avviso ai giornalisti italiani e alla stampa? Si sa che la Russia non è la patria della libertà d’espressione, ce lo dimostra in parte il ddl approvato alla Duma lo scorso 7 marzo 2019 contro le fake news sui mediao meglio, quelle etichettate tali dal Cremlino.
Una risposta di questo tono, da parte di un Ministero, ci dimostra l’inadeguatezza delle istituzioni russe ad affrontare diplomaticamente le crisi: mancanza di capacità analitiche di interpretazione delle parole e dei messaggi, nonché della comunicazione interculturale. Questa volta non possiamo dare la colpa al solito stagista dell’ufficio stampa.
Tutto bene quel che finisce bene?
Fortunatamente non hanno tardato ad arrivare messaggi di solidarietà al giornalista italiano incriminato. Diverse testate, direttori di vari quotidiani, istituzioni, il Governo… Tutti hanno espresso la loro vicinanza a Iacoboni e condannato le dure parole del Ministero Russo della Difesa.
Se l’obiettivo era dimostrare apertamente che il Cremlino non aveva secondi fini nell’aiutare l’amata Italia in questo difficilissimo momento, questo scivolone ha sicuramente ribaltato la reputazione della Russia.
Sperando che nessuno finisca nella fossa, auguro al giornalista Iacoboni di continuare nella sua inchiesta perché, come disse Tiziano Terzani:
Voler togliere il dubbio dalle nostre teste è come volere togliere l’aria ai nostri polmoni.