L’accusa di molestie sessuali
E’ il 10 marzo 1977, quando la tredicenne Samantha Geimer, autorizzata dalla madre, si concede per un servizio fotografico realizzato da Roman Polanski per l’edizione francese di Vogue. I due si trovano nella villa dell’attore Jack Nicholson nel quartiere di Mulholland di Los Angeles. Nicholson non è a casa. Quello che succederà quella notte, segnerà la vita di entrambi per sempre. Quella notte Polanski non è un fotografo, non è un attore, non è un regista, produttore, sceneggiatore. Quella sera Polanski diventa qualsiasi uomo (a detta sua) con alcool e droga in corpo davanti ad una ragazzina nuda:
“But… fucking, you see, and the young girls. Judges want to fuck young girls. Juries want to fuck young girls – everyone wants to fuck young girls!”
Roman Polanski in un’intervista a Martin Amis nel 1979.
Da allora, il regista franco-polacco non metterà mai più piede negli Stati Uniti. Ancora oggi, rientra nella Red List dell’Interpol e si porta dietro un mandato di cattura internazionale per questo drammatico incontro con Samantha.
Oggi Samantha ha 55 anni. Vive alle Hawaii, è sposata, è mamma e nonna. Non vuole più essere una vittima e vivere all’ombra del processo a Polanski. Ha chiesto più volte che il caso fosse archiviato e le accuse cadute, ma la guerra giudiziaria contro il regista sembra non voler cadere in prescrizione.
Samantha ha anche scritto un libro per raccontare la verità di quella notte. La sua verità. Perché ogni storia di violenza ha due verità: quella di chi la commette e quella di chi la subisce.
Geimer come doppia vittima: disastro mediatico-giudiziario
Questa vicenda ha stravolto la vita e la carriera cinematografica del regista, confinato in Francia per gli anni a venire.
Sharon Tate e la Setta di Charles Manson
L’evento traumatico che segnerà per sempre l’esistenza di Polanski (e anche la sua arte) è sicuramente il brutale omicidio della moglie Sharon Tate. L’omicidio della Villa a Cielo Drive di Bel Air è uno dei casi di crime più agghiaccianti della storia americana nonché la più famosa e conosciuta. La notte del 8 agosto 1969, tre ragazzi della “Family” Manson, fanno irruzione nella casa del regista, allora a Londra per lavoro, ammazzando chiunque respiri. Non viene risparmiata nemmeno Sharon, incinta di otto mesi e mezzo, pugnalata sedici volte dalla ventenne Susan Atkins.
Roman Polanski seduto davanti alla porta di casa sua il giorno dopo il massacro
Catturato alcuni mesi dopo la strage, Manson e i suoi quattro seguaci scamparono alla pena di morte, abolita nel 1972 nello Stato della California. La loro pena si tramutò in ergastolo.
Charles Manson nel 1970 (AP Photo/George Brich)
Charles Manson morirà nel 2017 in prigione a 83 anni in seguito ad un arresto cardiaco.
L’ultimo capolavoro di Quentin Tarantino, “Once Upon A Time In Hollywood” offre un finale alternativo alla crudele versione di questa storia.
L’infanzia e i campi di concentramento
In seguito al crescente clima di antisemitismo vigente in Europa, Polanski e la sua famiglia di origini ebraiche, si trasferirono dalla Francia in Polonia. Qui, in seguito all’invasione nazista, vennero rinchiusi nel ghetto ebraico di Cracovia, città d’origine del padre. Entrambi i genitori vennero deportati in campi di concentramento. La madre perse la vita ad Auschwitz, mentre il padre sopravvisse a Mauthausen. Il piccolo Roman riuscì a fuggire dal ghetto grazie al padre e a rifugiarsi presso una famiglia di contadini cattolici dove rimase fino alla liberazione del paese.
L’affaire Dreyfus: L’ufficiale e la spia
Proprio in queste settimane è uscito l’ultimo capolavoro del regista, “L’ufficiale e la spia”, un film drammatico che riporta sul grande schermo la storia dell’ufficiale ebreo Alfred Dreyfus. Giovane militare di origine ebrea, Dreyfus fu accusato e degradato ingiustamente di alto tradimento e spionaggio a favore della Germania. La vicenda narra il conflitto politico sociale della Francia della Terza Repubblica, durante le guerre franco-prussiane del XIX secolo. Il contesto del crescente antisemitismo e lo spionaggio militare hanno favorito l’errore giudiziario e l’ingiusta condanna del militare ebreo.
Molte sono le somiglianze tra il regista e l’accusato. Non resta che godersi il film e trarre le proprie conclusioni.