L’uscita di scena di Evo Morales in Bolivia ha alimentato in ambito giornalistico il dibattito sull’eventuale golpe ai danni dell’ex mandatario indigeno.
L’OAS ha rilevato irregolarità nelle elezioni dello scorso 20 ottobre.
L’aumento della corruzione, da tempo osservato anche da Transparency International che assegna al paese il posto 132/180 nel proprio ranking, ha avuto un peso nelle proteste che hanno infiammato il paese.
Tuttavia, una preoccupazione condivisa riguarda il futuro del protagonismo politico indigeno.
Con frequenza l’esperienza politica dei movimenti sociali e indigeni è stata uniformata al governo del MAS attraverso un riduzionismo che non tiene conto dell’eterogeneità etnica del paese e delle differenti rivendicazioni politiche dei movimenti sociali.
Se tra i cocaleros di Cochabamba e tra la maggioranza degli Aymara il sostegno a Evo Morales è andato aumentando, presso altri gruppi l’identificazione con il Movimento al Socialismo è stata progressivamente sostituita da un sentimento di insofferenza verso un governo che ha cercato di uniformare, senza successo, molteplici voci in un unico bravo pueblo: un popolo da mobilizzare a sostegno del governo ma da silenziare tutte le volte in cui ha rivendicato autonomia o mostrato dissenso rispetto alle scelte governative.
A sostegno dell’ipotesi presentata, uno sguardo all’attivismo indigeno e al rapporto con il governo Morales permette di restituire complessità al presente e alle sfide politiche che si profilano per il futuro.

Scontri scoppiati tra i sostenitori dell’ex presidente boliviano e le forze di sicurezza a La Paz il 15 novembre 2019 [Reuters / Henry Romero]
Protagonismo regionale
Il protagonismo indigeno sulla scena politica boliviana acquisisce un peso notevole a partire dal decentralization shock (Pearce A., 2015, p. 233): a seguito della sua elezione, il governo guidato dal Movimento Nazionalista Rivoluzionario di Sánchez de Lozada (1993 – 1997) ha cercato di promuovere la crescita economica del paese responsabilizzando gli attori regionali nella gestione delle risorse locali soprattutto in ambito fiscale, nella costruzione delle infrastrutture e nell’allocazione del budget in base a programmi stabiliti localmente.
Più che cooptare i settori rurali, la decentralizzazione ha cambiato il panorama politico boliviano creando spazi a livello locale per nuovi attori come l’Asamblea del Pueblo Guaraní, la Confederación Indígena del Oriente Boliviano e movimenti indigeni e rurali a favore della nazionalizzazione delle risorse naturali.
La partecipazione nelle realtà locali è servita al contempo da palestra politica che ha favorito la successiva elaborazione di un’agenda nazionale.
Agenda nazionale e mobilitazioni
E’ nel biennio 2003 – 2005 che i movimenti sociali e indigeni hanno avuto la possibilità di raccogliere i frutti dell’esperienza politica acquisita.
Il paese è diviso in due blocchi con agende politiche diametralmente opposte, da una parte l’Agenda di Ottobre del blocco indigeno-progressista (La Paz, Cochabamba, Oruro, Potosí e Chuquisaca) che include la nazionalizzazione delle riserve di gas naturale, la convocazione di un’assemblea costituente rivoluzionaria (anticipando dunque di vari anni Evo Morales), la fine delle relazioni di potere coloniali e un effettivo processo di decolonizzazione culturale ed economica, riforma agraria e redistribuzione della ricchezza; dall’altra l’Agenda di Gennaio del blocco dell’est (Santa Cruz e Tarija) incentrata su una maggiore autonomia regionale, libero mercato, apertura agli investimenti dall’estero e repressione statale contro le proteste indigene.

Carlos Mesa durante una conferenza stampa, domenica 3 novembre 2019 a La Paz, in Bolivia. Javier Mamani / EFE
In mezzo cercando senza successo di mediare tra i due blocchi, vi è il presidente Carlos Mesa, figura che emerge dal precedente governo di Lozada crollato sotto il peso delle stesse mobilitazioni indigene.
Nella sua opera di mediazione Mesa decide di appoggiarsi al MAS di Morales (allora deputato impegnato a ridipingere in senso riformista il volto del partito), attraverso un’alleanza implicita tutta a vantaggio del partner di minoranza che se ufficialmente non si sporca le mani con il partito tradizionale al potere, al contempo ne determina in larga parte la direzione politica.
Già in questo periodo il futuro presidente Morales prende posizioni che divergono rispetto alla linea dei movimenti sociali: appoggia economicamente le misure del governo e si giustifica come può:
“Maybe I spoke of nationalization in my time as a union leader … when I was for protest and not proposals. But we see now that we have to be serious and that proposals must be viable” (Webber J., 2010, p. 56).
Piuttosto che appoggiare la nazionalizzazione del gas, Morales sostiene un aumento della tassazione al capitale internazionale ed un accordo fifty-fifty più razionale e capace al contempo di ridurre il deficit di bilancio andando incontro alle stesse richieste del FMI.
La decolonizzazione culturale: il primo mandato di Morales
La riforma del fifty-fifty determina la fine della fortuna politica di Carlos Mesa: i due blocchi contrapposti del paese, est e ovest, si mobilitano contro il governo vedendo le misure proposte come insufficienti rispetto alle rispettive agende.
Al contempo il Mas mobilita la propria base elettorale di Cochabamba in favore della riforma.
Costretto a scegliere, Carlos Mesa si avvicina alla mezza luna dell’est, mentre il MAS rinuncia temporaneamente alle proprie credenziali riformiste rafforzando in questo momento i legami con il blocco indigeno-progressista.
Carlos Mesa denuncia pubblicamente Evo Morales accusandolo di tradimento e irresponsabilità, saldando così l’alleanza con i settori di Santa Cruz che chiedono mano dura e “morte ad Evo Morales” (Webber J., 2010, p. 63).

Seconda Investitura di Evo Morales / El Mundo / 2010
Alle successive elezioni del 2006 Evo Morales trae vantaggio dalla nuova alleanza costruita: alla base elettorale dei cocaleros si aggiungono i gruppi indigeni che vedono in Morales il proprio campione disponibile a portare avanti la riforma costituzionale, tanto più considerandone le credenziali indigene.
Il nuovo presidente indigeno, il primo del paese andino, si accredita simbolicamente come leader del pueblo indigeno con una cerimonia a Tiahuanaco, località considerata sacra nella religione Aymara, proclamando il tempo del Pachakuti (ritorno dell’equilibrio).
La scelta del nuovo presidente, che anticipa in questo modo il giuramento davanti al Congresso, vuole rendere esplicita la volontà di decolonizzare culturalmente il paese durante il suo mandato.
Il processo costituente trova ampio spazio nei media che tuttavia lo stigmatizzano criticando il rituale indigeno di benedizione al processo in corso attraverso l’alcool:
Il punto cruciale di questo sforzo è la nuova Costituzione del 2009 che attribuisce a 36 lingue indigene lo status di ufficialità e richiede ai rappresentanti al governo l’uso di almeno due lingue ufficiali, una delle quali resta lo spagnolo (Art. 5.II).
The disorientation of the delegates reached such an extreme that some of them thought they could perform ritual libations with alcohol during the work sessions, although of course those who broke the rules in this way justified the act by saying it was indigenous custom (Howard R., 2010, p. 187)
Ciò che alle élite tradizionali sembra sfuggire è che la definizione di pratiche e norme differenti rispetto allo status quo esistente è parte simbolica ed effettiva del processo di decolonizzazione culturale da realizzare.
Una relazione conflittuale
Alla fine del primo mandato, confermato con una maggioranza ancor più ampia della precedente, Morales si discosta decisamente dagli obiettivi conseguiti nel decennio concluso e il MAS cerca l’evoluzione verso il partito catch all.
La celebrata nazionalizzazione delle risorse naturali è in realtà un mezzo che continua ad assicurare l’accesso al capitale internazionale: nel 2014 una nuova Ley de Minería taglia le tasse e incrementa i profitti delle imprese estere in caso di caduta del prezzo delle materie prime.
La Bolivia rimane un paese fortemente dipendente dall’estrattivismo: la diversificazione economica non entra nell’agenda politica del MAS.
Attraverso i proventi dell’attività estrattiva il governo sostiene la crescita economica dei settori rurali che divengono una classe media fortemente vulnerabile e dipendente dal welfare state.
Questa classe medio-bassa si identifica oggi con minor frequenza come indigena: l’ascesa dei settori rurali ha comportato un processo di emigrazione verso le aree urbane e con esso un maggiore individualismo, indebolendo i precedenti legami comunitari. Se alla vigilia della presidenza Morales la popolazione boliviana che si identificava come indigena superava il 60%, dopo 13 anni di potere del MAS coloro che si dichiarano indigeni sono circa il 42% della popolazione (Achtenberg E., 2016, p. 373).
La lealtà nei confronti del governo da parte di questi settori vulnerabili è diminuita fortemente negli ultimi anni a causa della riduzione del prezzo delle materie prime, che mina lo status acquisito.

Morales si reca a votare per il referendum. Febbraio 2016 (Afp)
La sconfitta nel referendum sull’eventuale quarto mandato di Morales (2016) è un risultato evidente della trasformazione in corso.
Oltre al fattore economico, non sono mancate accuse esplicite di tradimento nei confronti di Morales per iniziative che hanno violato l’ordine naturale percepito da varie comunità come sacro: in occasione della costruzione dell’autostrada TIPNIS attraverso la riserva indigena di Isiboro Sécure, il Patto di Unità che ha portato Morales alla presidenza nel 2006 si è ufficialmente rotto e movimenti come CONAMAQ e CIDOB hanno ritirato in maggioranza il supporto al MAS. Il partito ha reagito spostandosi politicamente verso il centro, cooptando settori della stessa mezza luna, trasformata in base alle stesse parole dell’ex mandatario in “luna llena”, e alcuni dei movimenti indigeni tra i cui ranghi si sono infiltrati gli stessi attivisti del MAS.
Essendo questa l’evoluzione delle relazioni tra MAS e movimenti sociali e indigeni, il futuro politico di questi ultimi è ben lungi dall’essere meramente determinato dalla fine della presidenza di Morales.
Nuove sfide si profilano oggi: difendere la legittimità del protagonismo politico conquistato negli ultimi anni, combattere le tendenze razziste dei settori più reazionari della mezza luna e schierarsi a favore della diversificazione economica capace di promuovere un’inclusione oltre il welfare state.

Euronews / Proteste contro la costruzione dell’autostrada / TIPNIS / 2017