Il disagio abitativo bolognese tra affitti elevati, sovraffollamento e lo strapotere di Airbnb.
Bologna, quartiere Saragozza, via Giuseppe Spataro. Varcato l’ingresso dell’appartamento, un ampio soggiorno si apre di fronte a noi. Al centro, una tavola circolare è tutta ben apparecchiata: patatine, olive, arachidi e qualche tartina; non mancano le bevande. Attorno al banchetto stanno cinque sedie. Ci si accomoda in cerchio, e ognuno inizia a raccontarsi. In un angolo della sala, una delle inquiline è seduta su una poltrona e tiene con sé un taccuino. Sguardo verso il basso, penna alla mano, la ragazza annota i particolari di ogni intervento.
La scena potrebbe ricordare una specie di consultorio, ma è ben altro. A Bologna, infatti, tutto questo si chiama “casting”, e non ha nulla a che fare con i famosi reality show. Perché, in realtà, è solo uno dei tanti risvolti del problema degli affitti agli studenti fuori sede. E l’ultimo rapporto HousINgBo sulla condizione abitativa degli universitari promosso dall’Alma Mater parla chiaro. Degli oltre diecimila fuorisede intervistati, il 63% ha dovuto sostenere un colloquio per l’affitto. Un provino a tutti gli effetti, in presenza o dei proprietari o degli altri inquilini. Il più delle volte, però, per poter sostenere questi “casting” occorre superare una prima “scrematura”. Una selezione che molto spesso ha inizio sui principali social network.
«Devi iscriverti a tutti i gruppi Facebook esistenti – racconta Claudia, 23 anni -, e poi devi sperare che esca un’offerta decente».
Lei, Claudia, viene dalla provincia di Venezia. A settembre, non appena superato il test per la magistrale in Relazioni internazionali, ha iniziato a cercare un alloggio. E si è immersa così nella giungla dei gruppi online.
Facendo una veloce ricerca, si scopre che i gruppi Facebook bolognesi con annunci di stanze per studenti sono venti. Oltre ai gruppi, uno dei fattori che più di tutti rende problematica la ricerca di una stanza è il canone dell’alloggio. «Gli affitti sono molto alti – continua Claudia – e non appena esce un annuncio con un prezzo decente tantissimi lo richiedono». Per questo, solo pochi riescono anche solo a visitare le stanze. Secondo i dati di settembre 2019 de Il Sole 24Ore, a Bologna gli affitti mensili sono cresciuti in media di quaranta euro rispetto al 2018, pari a un +8,7%.
Come si apprende dal sito web dell’Alma Mater, ad oggi il canone di una singola si aggira tra i 300 e i 400 euro; quello di una doppia intorno ai 270. Ma queste sono solo delle medie. Infatti, gli affitti molto spesso superano la soglia dei 400 euro a stanza.
«Eravamo tre in un’unica camera e pagavamo 270 euro a testa – dice Elena, vent’anni -, oltre 800 euro in totale».
Abruzzese di Teramo, Elena l’anno scorso aveva iniziato la triennale di ingegneria. Ma, pur avendo trovato casa, la sua permanenza a Bologna si è rivelata a poco a poco insostenibile. «Oltre al costo elevatissimo – dice Elena – il problema era che in casa eravamo in dieci». A settembre 2019, Elena decide così di lasciare la città, per spostarsi nella meno affollata Forlì. E qui veniamo a un altro elemento fondamentale: il numero dei fuorisede.
Come rilevato dall’Istituto Cattaneo, tra il 2011 e il 2017, gli studenti in cerca di un alloggio nella città felsinea sono andati crescendo: dai 27mila 338 del 2011 si è passati ai 32mila 504 del 2017. Un aumento di oltre cinquemila unità in sei anni. Ed è una crescita inarrestabile. Perché, secondo le previsioni dell’osservatorio di Camplus, multinazionale privata degli alloggi attiva anche nel Bolognese, nell’anno accademico 2019-2020 i fuorisede in città saliranno a 36mila.
Fonte: Indagine sul mercato degli alloggi in locazione nel comune di Bologna, Istituto Cattaneo, 2017.
STUDENTI E PROPRIETARI. I DUE FRONTI OPPOSTI
Oltre ai prezzi elevati e al sovraffollamento, gli studenti lamentano il trattamento da parte dei proprietari. Sfruttando la grande domanda di stanze, alcuni di loro speculerebbero infatti sul rapporto qualità-canone.
«Oltre ad essere in dieci – prosegue sempre Elena – il nostro appartamento era rovinato, su alcune pareti c’era la muffa. Siamo rimasti cinque mesi senza corrente elettrica in cucina perché il proprietario non si curava di noi».
Dal canto loro, come rivela la già citata ricerca HousINgBo, i proprietari sarebbero sempre più restii ad affittare a determinate categorie di studenti. Negli annunci non è raro infatti imbattersi in avvertimenti come “No matricole, no Erasmus, no Dams e materie umanistiche, no omosessuali”. Ma molte volte i padroni di casa guarderebbero anche alla provenienza geografica o alla condizione economica degli studenti. Nicola De Luigi, docente di sociologia dell’Alma Mater, ha realizzato l’indagine HousINgBo. Sui risultati, il sociologo precisa che molte volte, da parte dei proprietari, ci sarebbe «un forte provincialismo che sfocia spesso in discriminazione».
Tuttavia, i padroni di casa si difendono. Enrico Rizzo è un avvocato esperto in consulenza urbanistica. Dal 1983 è anche consulente di Asppi, l’Associazione Piccoli Proprietari di Bologna e provincia. Attivo dal 1948, il sindacato rappresenta oltre diecimila famiglie, gestendo nel complesso oltre settantamila immobili. Sul caso degli affitti, l’avvocato Rizzo sostiene che «non è vero che gli interessi di proprietari e studenti siano inconciliabili».
Dunque, se un punto di incontro non si trova, è perché le colpe sono attribuibili a entrambe le parti. Anche ai fuorisede: «Non è raro – precisa il consulente – che ci siano studenti che subaffittano posti letto senza alcuna autorizzazione». Per il presidente di Asppi, il nodo della questione è un altro. «A Bologna – prosegue Rizzo -, soprattutto nel centro storico, sono in fortissimo aumento le locazioni turistiche». Quello del turismo è un fenomeno che a Bologna ha visto un incremento esponenziale nel corso degli anni. Secondo l’ultimo rapporto del Comune, a fine 2018 gli arrivi in città hanno superato il milione e mezzo. «Questo fenomeno – spiega Rizzo – ha comportato l’uscita di molti appartamenti dal mercato degli affitti tradizionali per studenti».
IL CASO AIRBNB
Gli affitti sempre più spesso sono gestiti attraverso la piattaforma Airbnb, specializzata nell’affitto di alloggi a uso turistico per brevi periodi. Il boom del colosso statunitense ha in pochi anni destabilizzato il mercato immobiliare bolognese.
Ma come funziona Airbnb? Il sistema è retto dai cosiddetti host, ovvero i padroni di casa. Questi mettono a disposizione i propri immobili per i guest, gli ospiti. Il sistema Airbnb si nutre della stessa emergenza abitativa, quindi sia del boom degli studenti che di quello dei turisti. Ma c’è di più: il passaggio di molti proprietari su Airbnb sembra una risposta «alle varie tassazioni e alla diminuzione della quotazione al metro del canone concordato» spiegau Guendalina Venturini, dello Studio Immobiliare Brunelli.

Logo di Airbnb. Fonte: ItaliaOggi
Secondo i dati del Monitoraggio strutture Airbnb Bologna, pubblicato online su Open data comune di Bologna e aggiornato a novembre 2017, i posti letto in Airbnb a Bologna erano 6.492, mentre il canone medio per notte era di 78 euro. Ovviamente, un prezzo troppo elevato per gli studenti, ma molto redditizio per i proprietari.
Il nodo della questione Airbnb però è un altro. E riguarda l’interesse che il Comune di Bologna avrebbe nei confronti della piattaforma stessa. L’aumento dei soggiorni turistici aiuta le “casse” di Palazzo d’Accursio. Infatti,
«per ogni turista che affitta – continua Venturini – il comune preleva il 6% dell’importo di soggiorno».
Secondo questo «è un bel guadagno», che ovviamente gli studenti non portano. E che andrebbe a cozzare con la recente idea del sindaco bolognese Virginio Merola di bloccare le licenze Airbnb. Nel corso della presentazione della ricerca HousINgBo, Merola ha promesso per marzo 2020 una regolazione e un “congelamento” delle licenze Airbnb.
Una regolamentazione che d’altro canto sembra necessaria sia come primo provvedimento per venire incontro alla richiesta di maggiori alloggi per studenti – il Comune ha annunciato per gennaio l’inizio dei lavori per uno studentato in via Belmeloro -, sia per combattere la sempre più frequente evasione fiscale tramite Airbnb. Un fenomeno di concorrenza sleale che, come puntualizza la dottoressa Venturini, viene messo in atto da «tanti privati che non affittano di mestiere; tante persone che sono solite evadere le tasse; tanti che ci hanno voluto provare perché si aspettavano di avere redditi elevatissimi».
Bologna, da sempre roccaforte studentesca e meta turistica per italiani e stranieri, si sta dunque ritrovando a lottare contro un colosso immobiliare come Airbnb e a fare i conti con un’emergenza abitativa che rischia di spezzare il fragile equilibrio tra la città, i suoi abitanti e i gli studenti.
Inchiesta a cura di Federico Gonzato e Francesca Maria Chiamenti