Libri per il passato, il presente e il futuro
Gli occhi dei bambini vedono solo le meraviglie del mondo e trasformano il male in un germoglio per la vita.
I libri raccontano la miriade di avventure e sentimenti che la vita offre o che la fantasia crea. Ogni libro ha una storia che vuole uscire, ogni libro ha un lettore che lo aspetta, ogni libro ha un perché. Ogni mese troverete una selezione di letture, pensate per chi vuole regalare un’emozione o viverla attraverso le pagine ingiallite dei vecchi romanzi, o di quelli nuovi che ancora profumano.
Iniziando a novembre, il pensiero va alle giornate internazionali dello studente (17/11) e quella per i diritti dell’Infanzia e dell’Adolescenza (20/11). Ecco alcuni piccoli tesori di grandi scrittori.
“Pappagalli verdi”, di Gino Strada
Per chi è pensato: per chi ha l’anima sensibile e vorrebbe fare di più per regalare l’infanzia a quei bambini che non la conoscono, che non possono viverla a causa delle guerre degli adulti.
Di cosa parla: è un libro scritto da Gino Strada, medico e fondatore dell’ONG Emergency.
Sono cronache che provengono dalle sue esperienze come chirurgo di guerra in diversi Paesi, come l’ex-Jugoslavia, il Pakistan, l’Iraq, il Perù, l’Afghanistan. È il racconto di bambini e ragazzi che vivono tra attacchi militari e bombardamenti quotidiani, senza più una casa e spesso senza più una famiglia. È un susseguirsi di eventi drammatici in cui gli ospedali vengono distrutti e i medici danno l’anima e la vita per salvare gli altri. È un insieme di attimi lunghi un’eternità racchiusi in queste pagine immacolate, in mezzo alle quali bambini e giovani ragazzi diventano grandi troppo presto. Nonostante tutto, però, pur essendo mutilati e feriti dalla guerra, hanno ancora negli occhi e nel cuore tutto l’amore e la fantasia di cui sono capaci.
Perché leggerlo? Leggere questo libro è un colpo al cuore, ma apre gli occhi come pochi altri. Il punto di vista di chi vive la guerra come un eroe, anche se non si sente tale, mostra ogni sfumatura della quotidianità vissuta tra le bombe e gli ostacoli, tra i tentativi di salvare una vita e la morte di chi non riesce a superare la notte.
È un modo per ricordarsi che, nonostante le guerre degli adulti – crudeli e spietate – privino questi ragazzi dell’innocenza e della bellezza dell’infanzia, loro sono più forti e non dimenticano mai che “omnia vincit amor”.
“Lettera a una professoressa”, di Lorenzo Milani
Per chi è: è un libro per tutti, studenti, professori e non. È per tutti coloro che ritengono che l’istruzione dovrebbe essere impostata diversamente, prendere una strada nuova.
Di cosa parla: “Lettera a una professoressa” è un libro del 1967 scritto a più mani dagli allievi della Scuola di Barbiana e grazie all’aiuto di Don Lorenzo Milani.
È una denuncia al metodo selettivo dell’istruzione italiana di quegli anni, che premiava i “ricchi” e screditava coloro che provenivano da classi meno abbienti. Il presupposto da cui gli studenti di Don Milani partono e sviluppano i loro discorsi, con un linguaggio semplice e scorrevole, è quello per cui non dovrebbe esserci un criterio di giudizio uguale per tutti se le condizioni socio-economiche e culturali di partenza sono differenti. Mettendo in risalto i punti deboli della scuola italiana, viene proposto un modello che promuova l’uguaglianza socio-culturale e renda più responsabili gli studenti. Questi ultimi mostrano che ciò è possibile, perché nella loro scuola è già realtà: manca solo la volontà politica di mettere a punto e diffondere riforme in questa direzione.
Perché leggerlo? È una lettura sempre (forse spaventosamente) reale. Per quanto il bel Paese sia cambiato radicalmente da ogni punto di vista – politico, economico e sociale – il tallone d’Achille dell’istruzione è sempre lì. Tante sono state le riforme attuate e altrettante le proposte fatte, ma ancora non è stata trovata una soluzione efficiente per mettere in risalto e sviluppare l’intelligenza, anzi le diverse intelligenze delle migliaia di giovani menti italiane.
Vale la pena leggere questo libro, dunque, per vedere quanti passi sono stati fatti ma quanti altri sono ancora da fare. E perché no, magari per farsi ispirare nel creare nuove proposte per una scuola migliore.
“I ragazzi della Via Pál”, di Ferenc Molnár
Per chi è: è un libro per tutti coloro che da bambini hanno fantasticato e creato imperi nelle viuzze del quartiere, vinto e perso battaglie contro quei nemici che in fondo non erano poi così diversi da loro.
Di cosa parla: I ragazzi della Via Pál è un libro del 1906 ambientato nella Budapest di fine ‘800.
È la storia di due bande di ragazzi: le “camicie rosse” e, appunto, i ragazzi della Via Pál. La loro è una lotta per un piccolo pezzo di terra in cui è possibile giocare, incastrato proprio tra i due quartier generali. I ragazzi della Via Pál sono organizzati come dei veri piccoli eserciti con capitani, tenenti e sottotenenti. Unica eccezione: un unico soldato semplice, il gracile e giovane Nemecsek. Durante il racconto si susseguono le avventure dei piccoli soldati che si intrufolano nel territorio nemico, mettono a punto piani di attacco e ideano piccole punizioni per i traditori o gli “ostaggi”. Tra una battaglia e l’altra, tra un gioco e l’altro, però, si insinua lentamente la vita, con un finale drammatico che lascia l’amaro in bocca.
Perché leggerlo? Pur risalendo a più di un secolo fa, la denuncia per la mancanza di spazi per bambini e ragazzi è sempre attuale.
I parchi e le aree verdi vengono spazzati via sempre più spesso da parcheggi per centri commerciali o da palestre che servono per soddisfare il narcisismo degli adulti. È una lettura che insegna l’importanza di quegli spazi in cui i più giovani possano creare mondi e storie, castelli e fossati con gli alligatori, in cui possano vivere nella spensieratezza che solo l’infanzia sa regalare. E tra le righe si può leggere una critica sottile al mondo degli adulti. Un mondo fatto di guerre e di logiche di scontro, le cui azioni si ripercuotono, come in uno specchio, nei giochi innocenti dei più piccoli.
L’importanza del bambino
In questo mese dedicato all’infanzia, all’adolescenza e al diritto di ognuno di imparare e nutrire la propria mente, non dimentichiamo che in ognuno di noi c’è un bambino che ci ricorda chi siamo e la bellezza delle cose semplici. Come scriveva Dante Alighieri: “tre cose ci sono rimaste del paradiso: le stelle, i fiori e i bambini”.