Cronaca dell’evento che 30 anni fa ha cambiato il mondo
La caduta del Muro di Berlino, il 9 novembre 1989, fu un evento di straordinaria svolta. Si tratta del cambiamento che sancì la fine del XX secolo, “Il secolo breve” com’era stato ribattezzato dallo storico britannico Eric Hobsbawm, che diede questo titolo al suo saggio, uno dei più importanti libri di storia del ‘900.
IL SOGNO SI REALIZZA: CRONACA DI UNA SERA QUALUNQUE
Accade tutto, quasi, per caso: da mesi la discussione sugli espatri è al tavolo e fino a quel momento, spostarsi da Est a Ovest della Germania, è un vero e proprio giro dell’oca. Bisogna infatti aggirare le barriere, passando solo per altri paesi adiacenti, come la Cecoslovacchia e l’Ungheria. Quel 9 novembre è indetta una conferenza stampa internazionale, presso l’International Press Centre di Berlino Est, aperta alle ore 18. Si parla, tra le varie cose, delle novità in merito alle norme per l’espatrio da Est a Ovest.
Sono circa le 19 quando alza la mano un giornalista italiano, Riccardo Ehrman, da 11 anni corrispondente da Berlino Est per l’Ansa. Pone una domanda in apparenza innocua: “non è un errore annunciare le leggi per l’espatrio, che a mio avviso sono solo propaganda?”, chiede a Guenter Schabovski, allora portavoce del governo della Germania Est e membro del Politburo. Schabovski, arrivato in ritardo e in palese confusione, legge velocemente il documento consegnato dal partito, ne travisa il contenuto e risponde: “i tedeschi dell’Est possono espatriare anche senza dare necessarie spiegazioni“. Ehrman rincara la dose, vuole una risposta immediata: “questo vale anche per Berlino Ovest? Se sì, da quando?“. “Das tritt nach meiner Kenntnis … ist das sofort, unverzüglich – per quanto ne so, da subito“.

La conferenza: Ehrman è il primo seduto a sinistra, mentre scrive, davanti alla scrivania
L’OCCASIONE PER I CORRISPONDENTI
Per i giornalisti presenti nella sala questa risposta è lo scoop, letteralmente, del secolo. Una corsa tra chi, per primo, invia la notizia nel proprio paese. Si guardano, accelerano, sono tanto attoniti quanto increduli. In quella sala, i primi a scoppiare in lacrime, di gioia, sono gli impiegati in servizio quella sera. Racconteranno, a vita, di essere stati i primi tedeschi, assieme ai connazionali giornalisti in sala, a sentire con le proprie orecchie la risposta della decisiva svolta.
LA REAZIONE POPOLARE
La notizia giunge nelle case della Germania dell’Est alle ore 19:34, grazie all’Aktuelle Kamera, il TG del regime. Nel comunicato letto al pubblico in redazione, si apprende tra i vari punti che “le autorizzazioni per l’espatrio verranno concesse a breve termine” e che “la polizia concederà senza indugi i visti per l’espatrio permanente in tutte le dogane della frontiera Est-Ovest”. I telespettatori della parte orientale non ne comprendono il reale significato: c’è confusione, non si capisce se il visto vale per l’emigrazione o se, invece, solo per la breve visita. Intanto, dalla parte occidentale, I TG sono cauti: danno la notizia ma con prudenza. L’edizione straordinaria si fa attendere: sul primo canale, la partita tra Bayern Monaco e Stoccarda procede senza interruzione di programma fino alle 22:40. Stessa cosa sul secondo, con lo speciale dedicato al cancelliere Kohl che quel giorno si trova in visita in Polonia, per poi correre a Berlino solo il giorno dopo.
La conferma effettiva, finalmente, giunge dopo la sigla dello speciale. Intanto, a Est, da quando è stata diffusa la notizia, si accalcano a migliaia nei pressi del check-point, con le forze di polizia doganali completamente spaesate dinanzi agli eventi. La popolazione avrebbe dovuto rientrare in casa e richiedere il visto la mattina dopo. Un invito impossibile da attuare: per evitare incidenti e ulteriore caos, le autorità aprono i cancelli. Ancora una volta, un’altra importante notizia fa il giro del mondo. Dopo 28 anni, l’ammasso di gente “invadeva” il confine. La prima cittadina dell’Est a varcare il confine del muro, si chiama Désirée Eiben, oggi sessantunenne. E al Parlamento di Bonn, allora capitale della Germania Ovest, la novità è immediata: parte l’inno tedesco, che quella sera assumeva le sembianze dell’Inno alla Gioia di Beethoven.

Désirée Eiben
PICCONATE, MARTELLATE E SPUMANTE
Il resto sono le immagini che tutti noi conosciamo. La furia euforica di chi col martello colpisce incessantemente il muro; l’adrenalina di chi si arrampica in cima, trionfante, scordandosi del giorno prima; la gioia di chi sventola la bandiera tedesca stappando lo spumante. Chissà, quante volte ripeteranno nella vita “Ich war da – ero presente”. È la notte più felice della storia del popolo tedesco.
I passi per la riunificazione, abbastanza rapidi, portano il 18 marzo 1990 alle storiche elezioni libere dell’Est. Si tratta di elezioni praticamente paradossali per la Nazione, perché riguardano la scelta tra chi dovrà rappresentare la negoziazione per la riunificazione con l’Ovest. A luglio, l’Unione popolare si rafforza grazie allo sport, con la vittoria della Germania Ovest al mondiale di calcio di Italia ’90: Ovest, ormai, solo sulla carta. Nell’immaginario, il punto cardinale è come se non esistesse più. Il 12 settembre, a Mosca, le due Germanie, con le quattro potenze occupanti, giungono al trattato storico: via dalla Germania gli USA, il Regno Unito e la Francia; via, entro il 1994, le truppe sovietiche (anno che l’URSS, disgregatosi nel 1991, non conoscerà mai). La fatidica data è quella del 3 ottobre: addio Est, addio Ovest. E Goodbye Lenin, per citare il titolo del più famoso film sulla riunificazione tedesca.
LE SORTI DI SCHABOVSKI
E di Schabovski che ne è stato? Alcune ipotesi, non del tutto confermate, affermano che il portavoce del partito comunista della SED, avesse letto quel documento mentre si trovava alla guida della sua Trabant, l’unica vettura in commercio della Germania dell’Est.

La Trabant
Espulso immediatamente dal politburo dopo quella conferenza, divenne critico riguardo l’ex regime comunista. Condannato al carcere nel 1997, scontò un solo anno e uscì per grazia ricevuta nel 2000: fu riconosciuto come il responsabile degli omicidi commessi ai danni dei rifugiati in fuga. Muore, anziano e malato in una casa di riposo di Berlino a 86 anni, il 1° novembre 2015.

Guenter Schabovski