Il primo articolo di Schegge che <<parlaci di Bibbiano!>>
Fuori dal coro è indubbiamente la trasmissione più ludica ed esilarante del palinsesto televisivo italiano del momento. Il ritmo incalzante della narrazione permette di gustare al meglio ogni battuta e di ridere a crepapelle dopo qualsiasi sketch del frontman, Mario Giordano. Il successo dell’arguto umorismo del programma di Rete4 è dimostrato dai fatti: non più un programmino di nicchia, tappabuchi, ma una delle vere e proprie trasmissioni di punta dell’emittente. Naturalmente, com’è fisiologico che sia, anche lo spassoso Fuori dal coro un difetto ce l’ha: non è un programmino comico.
Facciamo un passo indietro
Per i pochi che non lo conoscono, Fuori dal coro è una giovane trasmissione televisiva di Rete4 con cadenza settimanale, nata lo scorso anno su iniziativa del giornalista Mario Giordano, già direttore del telegiornale della medesima rete e redattore/opinionista per La Verità e Panorama. <<Un programma di attualità e approfondimento dove dar voce alle opinioni più controcorrente e “fuori dal coro”>>: questa la descrizione del format riportata dalla pagina web di Mediaset Play.
Ora, al netto dei giudizi di merito su cosa effettivamente sia “fuori dal coro”, è indubbio che il programma sia andato a collocarsi all’interno di una strategia redazionale di Rete4 già ben consolidata. Non si è infatti per nulla stupiti né dalla scelta del nome né tantomeno dalla selezione dei contenuti. Fuori dal coro sembra, piuttosto, essere il legittimo erede de Dalla vostra parte, il preserale condotto da Maurizio Belpietro andato in onda fino al 2018. Non solo, è pressoché infinita la lista di programmi della medesima emittente fatta di titoli roboanti e contenuti che sembrano rientrare tutti nello stesso coro: Quarto Grado, Stasera Italia, Diritto e Rovescio, Quarta Repubblica, Quinta Colonna, Il Terzo Indizio.

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La comunicazione vincente
La trasmissione condotta da Giordano sembra però avere qualcosa di diverso, di speciale rispetto a tutte le altre, passate e presenti. A confermarlo sono le scelte di palinsesto e i dati Auditel. In primis, la collocazione è passata da preserale a serale (prima serata, ovvero il successo a cui aspira qualsiasi conduttore televisivo). In secondo luogo, gli ascolti del programma – dopo un periodo di stanca – hanno iniziato a crescere, con picchi che hanno raggiunto l’8,5% di share, ovvero 1 milione e 200 mila spettatori.
Chi non segue abitualmente la politica è normale non conosca nemmeno l’esistenza di questo programma, ma per tutti gli altri è impossibile non averci avuto a che fare almeno una volta, grazie a un link mandato da un amico oppure a un post scandalistico su Facebook. La fortuna del programma di Mario Giordano è, infatti, una sola: Mario Giordano.

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Parlateci di Bibbiano
MA IO NON VOGLIO VIVERE IN UN MONDO… non voglio vivere in un mondo che distrugge la cosa più preziosa che abbiamo. Cosa ce ne frega di tutto il resto? LA NOSTRA famiglia… la famiglia… LA COSA PIÙ PREZIOSA LA VOGLIONO DISTRUGGERE, MA VOI ALMENO L’AVETE CAPITO? VI RENDETE CONTO?! LA FAMIGLIA, LA FAMIGLIA!
Era lo scorso Luglio quando Mario Giordano produceva i tre minuti più famosi della sua trasmissione, conducendo un’infuocata arringa sul caso di Bibbiano. Il discorso del conduttore è quello riportato poco sopra, con il maiuscolo a indicare le urla e il corsivo a specificare il sottovoce. Oltre al parlato, però, ciò che costruisce l’epica narrazione di quel momento è tutto il resto, il contorno. Proviamo a riviverlo.
Mario Giordano inizia la filippica su Bibbiano stando letteralmente incollato alla macchina da presa, che lo inquadra urlante in primissimo piano. Rimane appiccicato alla telecamera fino al secondo sottovoce di “la famiglia” quando, di colpo, si gira verso il pubblico in studio, il quale subito si alza con un’ovazione da stadio. Finito qui, direbbero i più benevoli. E invece no, perché l’estasi del momento si consuma alla fine, quando Giordano si inginocchia pensoso e sullo schermo retrostante appare la scritta “ladri di bambini”.

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Halloween: non lo voglio festeggiare
Pacatezza, moderazione, compostezza, sobrietà. Sono soltanto quattro dei numerosi aggettivi che gli autori di Fuori dal coro hanno deciso di escludere dalla sceneggiatura del programma. Ce lo conferma il più recente monologo di Giordano su Halloween.
Eh no. No, no, no, no, no. Io questa, IO NON ME LA METTO. [E getta via la maschera della morte che teneva in mano]. Non me la metto. Non me la metto. Io non voglio festeggiare Halloween. Pensate come sono fuori dal coro [cit.], io voglio festeggiare la festa di Ognissanti [e chissà che non abbia visto Schegge per decidere che cosa fare]. Ve la dico ancora più strana: poi voglio anche celebrare la giornata di tutti i defunti. Eh, io sono fatto così. Si spendono ogni anno 300 milioni per vestiti di di di [faccia sdegnata] zombie, di scheletri e di cose orrende e mostruose, IL TUTTO PER IMPORTARE UNA TRADIZIONE CHE NON È NOSTRA [getta via un’altra maschera]. E dimentichiamoci, invece, le nostre radici, la tradizione: la zuppa di ceci, il pan dei mortiiii… e allora io dico NO!
Fin qui, è la solita trasmissione di Rete4, non aggiunge nulla al già visto, ma qualcosa cambia. Cos’è il genio? È fantasia, intuizione, colpo d’occhio e velocità d’esecuzione. Così, forse ispirato dal celeberrimo discorso di Amici miei, Mario Giordano fa spuntare da sotto un tavolo una mazza da baseball con i colori della bandiera italiana. Dall’inquadratura della telecamera, spunta un podio pieno di zucche finte. Il connubio è formato: il conduttore, mazza alla mano, inizia con foga a spaccare le zucche urlando:
NONLO-VOGLIO-FESTEG-GIARE!
Il pubblico urla entusiasta. È la fine.

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Questa è l’introduzione di quello che sarà un pezzo di descrizione della strategia comunicativa di Mario Giordano, il conduttore che ha saputo prendere sentimenti ben consolidati di una certa parte d’Italia e li ha trasformati in un programma televisivo, di fatto, di successo. Un programma che si inserisce appieno in quello che si potrebbe definire “lo stile di comunicazione sovranista”: quel modo di comunicare che non idolatra mai il leader, ma che demolisce gli avversari.
E in tutto questo, che c’entra la zuppa di ceci?