Si sono da poco concluse le annuali manifestazioni che accompagnano il periodo del Carnevale ma nonostante questo, qualcosa è rimasto. Carta, colla, fil di ferro e acqua sono pronti a prendere nuovamente forma, non più attraverso gli allegorici carri festivi, ma attraverso le opere di un nostro concittadino Giorgio Bedei. “Il mondo in cartapesta di Giorgio Bedei”, è stata la mostra esposta a Cervia, Sala Rubicone-Magazzini del Sale, dal 13 aprile al 22 aprile 2019. Cervia, distante da Forlì solo qualche decina di chilometri, è tornata a splendere con la bella stagione. Alla golosa gastronomia e agli affascinanti aperitivi lungo il porto canale, si sono uniti esposizioni artistiche che hanno riportato ad una dimensione più concreta, meno sfavillante ma più solida, fatta di botteghe
e artigiani.
Giorgio Bedei, in arte GIOB, è un’artista innamorato del suo lavoro e del particolare tipo di materiale che utilizza, la cartapesta. Nata nel tardo trecento in Toscana, utilizzava in principio materiali di scarto come stracci, composti di terra, segatura e solo successivamente la carta, considerata arte meno nobile rispetto alla scultura, essendo protagonisti materiali considerati “vili”. La tecnica della cartapesta, fu citata per la prima volta dal Vasari che nel racconto della vita di Domenico Beccafumi, ricorda l’artista Iacopo della Quercia, al quale fu commissionato un monumento funebre per il capitano di ventura Giovanni d’Azzo Ubaldini. I tempi stretti impostigli diedero origine ad una materia inedita, formata da un impasto di stoffe e terra, plasmati su una struttura di legno e corde rifinita in superficie. Successivamente la tecnica venne affinata e perfezionata da Donatello e Jacopo Sansovino. Ma è in epoca Barocca che vediamo emergere l’espressione massima dell’arte della cartapesta con Gian Lorenzo Bernini. Attualmente, gli usi più comuni sono associati ai carri caricaturali e grotteschi del Carnevale o alle più raffinate maschere veneziane. Per approfondire: www.giorgiobedei.it.

Un’immagine di Giorgio Bedei al lavoro
L’artista di cui parliamo oggi, utilizza diverse tecniche per portare a compimento le sue opere, in particolare due: per i busti di donna, utilizza la tecnica della cartapesta foglio su foglio, mentre per le figure intere e i cavalli modella e aggiunge armature leggere in fil di ferro. I materiali da lui utilizzati sono la carta dei quotidiani, il cartone e vari tipi di colla. Possiamo ammirare le “sculture” a colori, grazie alla fantasia di Giorgio Bedei, che con estro creativo, preferisce non dipingere le sue statuette, ma accostare e incollare piccoli ritagli di carta colorata per dare luminosità alle sue opere. L’autore in questione, trova ispirazione da tutto ciò che lo circonda, da sempre innamorato delle illustrazioni per ragazzi e assiduo frequentatore della Fiera del Libro di Bologna. Egli è continuamente alla ricerca di nuovi soggetti da poter reinventare, fa dei giornali di moda il suo motore di ricerca. Sempre presente nelle sue opere lo studio del movimento e della leggerezza. Il primo elemento, lo possiamo trovare nella carta stessa e nelle sue pieghe che prendono vita e guidano il lavoro dell’artista. Il secondo, lo riscontriamo in alcune figure, caratterizzate dalla presenza di un sottilissimo filo di ferro che tiene insieme le parti, come possiamo vedere nei personaggi del “Circo”.
Nonostante lo scorrere degli anni, ognuno di noi rimane legato a qualcosa in particolare, alla prima bambola, alla prima macchinina o al primo disco, per Giorgio Bedei sono le figure dei “Gagà vanesi”, come lui li chiama. Da
vocabolario: “uomini che ostentano eleganza e raffinatezza”, da lui descritti come uomini dinoccolati con le mani in tasca e le gambe flesse, che indossano i famosi pantaloni alla zuava portati dal padre, come Giorgio Bedei ricorda.
Il mondo della cartapesta prende vita, quasi slegato dalle mani dell’artista, che sembra scendere a compromessi con questo, costringendolo ad un patto di cooperazione, la carta si ritira, non segue le regole, modifica la forma
iniziale dell’oggetto, resiste agli urti e alle intemperie, immutata e immutabile negli anni, un po’ come l’arte.
Articolo di Agnese Zoppelli