Dalle 9 di questa mattina, la Spagna è chiamata a scegliere il rinnovo del Congresso dei Deputati e per il Senato. Mi trovo a Madrid da alcuni giorni e spesso mi accade di sentire frammenti di conversazioni: si discute di politica soprattutto nelle piazze e nei locali.
L’ascesa incessante di Vox, il debito pubblico stimato a circa 30.000€ per cittadino, gli appelli al voto senza sosta. I temi caldi del momento si scontrano con il silenzio assordante delle zone più turistiche. Non si vedono né un manifesto né un volantino, nemmeno per terra o agli angoli delle vie. Potrei trascorrere le mie vacanze qui e non avere assolutamente idea di quello che mi accade intorno.

In questi ultimi giorni, tutti i giornali affrontano il tema delle elezioni spagnole. Qui sono ritratte le prime due pagine del Periòdico de Aragòn di Domenica 28/04.
Pare che un buon 30% dei cittadini spagnoli non eserciterà il
proprio diritto ad andare a votare. La spinta nazionalista che sta influenzando il clima europeo come viene vissuta qui? Ha delle ripercussioni concrete?
È questa la prima domanda che faccio ad Adrian, un ragazzo di Màlaga che si è stabilito qui a Madrid da alcuni anni. Ha militato personalmente in politica, all’epoca in cui Ciudadanos era dato all’1% di consensi sul territorio nazionale. Le sue mani si muovono veloci e va subito al cuore delle questione: l’indipendenza della Catalogna.
Mi colpisce subito la definizione che dà della questione catalana: un dragón que ha sido alimentado. Stando alle sue parole, non ci sarebbe una maggioranza forte a sostegno di questa istanza, ma la narrazione che i mass media ne hanno dato avrebbe snaturato fortemente il fenomeno: in particolare, il suo pensiero va ai toni d’allarme e al ridottissimo spazio lasciato all’espressione delle opinioni contrarie. Gli avvenimenti dell’anno scorso avrebbero quindi costituito l’apice di un fenomeno che si sviluppa da molto più tempo nel territorio.
Adrian mi racconta anche che la Catalogna è la regione con la percentuale più alta di debito nazionale da riscattare. Il movimento indipendentista catalano si è perciò rivolto soprattutto alle fasce più deboli della popolazione, quelle su cui tali dinamiche si ripercuotono maggiormente.
Per esempio, Gloria, si è parlato troppo poco del motivo per cui le elezioni che il movimento indipendentista ha organizzato da sé non siano state ritenute valide. La parte rigida della nostra Costituzione si basa su un meccanismo di fondo: ogni decisione viene presa dallo Stato nella sua interezza… dalla concessione di un’autonomia territoriale alla costruzione di un nuovo tratto autostradale. Tutte le decisioni che ricadono sulla popolazione spagnola devono essere discusse dalla comunità intera. Gli indipendentisti hanno scelto la via più facile, nonché di maggior impatto: avrebbero dovuto chiedere un referendum costituzionale, invece hanno preferito organizzare da sé delle elezioni. Non hanno giocato secondo le regole.

Manifesto elettorale di Ciudadanos
Successivamente, gli chiedo di parlarmi dell’immigrazione. Come hanno affrontato questa tematica i principali partiti candidati alle elezioni attuali?
Per rispondere, Adrian parte da lontano. Mi ricorda che l’attuale presidente Sanchez guida una sorta di governo tecnico di minoranza, dopo che Mariano Rajoy era stato sfiduciato. Con l’obiettivo di raccogliere più consensi possibile, pare abbia adottato la linea politica dell’accoglienza dei migranti senza però presentare un progetto di lungo periodo, che ne prevedesse l’integrazione sul territorio.
Su questa tematica avevo chiesto un parere anche a Luis Miguel, un papà di 58 anni residente a Toledo.
La sua osservazione era stata molto chiara:
Mi sembra ovvio che arrivino da noi, in fondo distiamo solo 40 km dalla loro terra. Tu non percorreresti la via più breve per cercare di salvarti? Mi preoccupa che non ci siano progetti di integrazione sul nostro territorio, che si dia per scontato non vogliano stabilirsi qui, ma piuttosto andare verso il nord dell’Europa.
Ricordo che Santiago Abascal, leader di Vox, avesse sostenuto la necessità di costruire una cinta muraria attorno a Ceuta e Melilla, per evitare che continuino i tentativi di entrare nelle città autonome spagnole da parte dei migranti nordafricani.
Anche in Spagna, insomma, lo scontro elettorale di queste ultime settimane è stato molto acceso. I leader di ogni fazione hanno cercato di puntare soprattutto alle emozioni dell’opinione pubblica, di parlare alla loro pancia.
Per esempio, Adrian mi racconta che l’attuale presidente Sanchez – su consiglio dello spin doctor Ivan Redondo – ha preso una posizione chiara nei confronti della riesumazione del dittatore Franco, dalla Valle de los Caídos. Ha dato vari ultimatum in pubblico, nonostante si tratti di una decisione che spetta di diritto ai familiari di Franco. Per poter effettivamente mantenere le promesse fatte in campagna elettorale, bisognerebbe chiedere un real decreto, che però ha carattere di necessità e urgenza e difficilmente verrebbe concesso per regolare questa situazione.
Tuttavia, è interessante notare che, ancora una volta, sui media spagnoli e non si sia tornati a discutere di un dittatore morto 40 anni fa, il cui regime è stato uno dei più longevi nella storia degli Stati europei. A questo punto chiedo a bruciapelo chi, secondo lui, vincerà le elezioni. Adrian sorride e mi dice in italiano:
Questa, Gloria, è una domanda da un milione di dollari. Mai come questa volta l’esito delle nostre elezioni ci era apparso così incerto.
Articolo di Gloria Beltrami