Quando sogniamo, immaginiamo e fantastichiamo pensiamo sempre di andare in una dimensione che con assoluta certezza non corrisponderà alla realtà.
La giusta intersezione tra realtà e fantasia esiste.
“04/03/1979,
Ciao,
Ho un grandissimo difetto.
Sogno.
Un difetto incredibilmente difficile da gestire e da affrontare. Un difetto che rende impossibile la gestione di qualunque rapporto e di qualsiasi situazione che la vita mi pone davanti.
Sognare è bello: significa dare sfogo alla fantasia, immaginare, sentirsi in ogni posto del mondo contemporaneamente pur trovandosi nella situazione più triste che possa esistere.
La realtà invece, fa schifo. Fa schifo perché ci mette davanti alla vita ma senza allegorie, senza fiori, senza luci, senza trucchi. E’ la parte più paludosa della nostra quotidianità.
Ma poi,
quando sembra che non possano esistere altre emozioni in grado di farci sobbalzare e farci battere forte il cuore, arriva quel momento. Il migliore, il peggiore, il più controverso, il più intenso. L’esatta intersezione fra sogno e realtà. Dura pochissimo, è quasi invisibile. E’ nascosto dentro alle cose piccole, all’apparenza insignificanti, è subdolo. Non lo si trova cercando, non lo si trova perché nessuno sa dove sia. Quel cazzo di momento.
Eppure l’ho vissuto.
L’ho incontrato lì. In quello sguardo così pieno di sogno, così pieno di cose da dire, da fare, da inventare, da immaginare. L’ho percepito subito, si è fatto notare con estrema facilità, quel cazzo di momento. Ti avrei portata subito via, in qualunque posto che la mia fantasia poteva raggiungere. In riva a quel mare dove ti sei fatta trascinare, in ogni posto dove potevo farti stare bene.
C’erano il buio, le parole, i gesti, i sorrisi, gli imbarazzi perfetti, quelli che neanche i film sanno cogliere con così tanta precisione. Abbiamo visto le barche quelle dove volevamo dormire, e immaginato di andare in posti a caso, di fare cose. Abbiamo costruito in pochissimi momenti, un’intimità che non ci potevamo permettere. Perché non volevamo legami, vincoli, posti fissi. Cercavamo compagnia, piacere fisico, sfuggente, incostante. Avevo paura di cercarti, di vederti, di infastidirti. Ma vaffanculo, perché il mio cuore batteva talmente forte da farmi sentire uno stupido, da farmi sentire un bambino alle elementari quando la mamma lo saluta, come un attore alla prima nel teatro più importante del mondo.
Lasciami entrare nei tuoi segreti, nei tuoi turbamenti, nelle cose che ti spaventano; ci entrerò con tutta la pacatezza che conosco, con tutto il rispetto che vuoi.
Ti vorrei portare in quel paese strano dove si parla quella lingua complicata, vorrei dormire in una barca mentre il mare fa quello che vuole di noi e vorrei avere altre settemila occasioni per vederti seduta di fronte a me.
Ciao.”
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