I ricordi sono un’arma a doppio taglio: possono portarti sensazioni positive o al contrario farti stare veramente male. Ma ogni ricordo è legato a qualcosa di concreto, ad un’immagine che abbiamo impresso nella mente, ad un dettaglio che ci porta a pensare al passato.
In una delle innumerevoli volte in cui mi sono sentito preso dallo sconforto, dalla solitudine sentimentale e dai rimorsi ho iniziato a farmi delle domande che normalmente un ventitreenne non si fa:
“chi conosce e ha vissuto con me tutte le mie storie, tutte le mie delusioni, tutti i miei amori?”.
Mi sono risposto.
In primis i miei amici, certo, ma non mi vedono sempre e conoscono le mie storie grazie ai miei racconti. Quindi le storie possono arrivare a loro distorte, romanzate e non propriamente autentiche.
Ma poi ho pensato a loro: i cartelli stradali. Loro sanno tutto, hanno visto tutto e non so se amarli od odiarli. Vittorio De Sica disse che “I bambini ci guardano” e aveva ragione, ma anche i cartelli stradali lo fanno.
Provate a capire il mio turbamento, ve lo spiego. Passeggio per le strade, da solo, ma poi improvvisamente sto male.
Ma perché? Perché quel cartello che obbliga a girare a destra era lì a guardarmi anche quando passeggiavo con lei, quando ero felice e pensavo che niente potesse abbattermi. Chissà quanto mi stai prendendo in giro amico “Obbligo di svoltare a destra”, chissà cosa pensi di questo giovane vecchio che si contorce tra le dinamiche confuse della sua vita.
Poco più avanti c’è quel divieto di sosta che mi guardava mentre la aspettavo, e probabilmente sentiva che il cuore mi batteva forte e capiva che ero semplicemente un imbranato che aveva avuto fortuna ad essere immaginato come una persona completamente diversa dalla realtà. Ora il caro “Divieto di sosta” mi vede solamente passare di sfuggita perché non devo aspettare nessuno ma devo costantemente muovermi per non percepire la malinconia dell’immobilità. Mi prendi in giro o mi compatisci? Secondo me sapevi tutto dall’inizio e me l’avresti detto, se avessi potuto, che non ne valeva la pena di perdere tempo con lei. Grazie lo stesso amico.
Poi sono passato davanti alla scuola e c’eri tu, odioso cartello “Rotatoria”. Forse volevi dirmi qualcosa con quelle frecce bianche su sfondo blu. Che probabilmente mi sarei pentito e sarei tornato indietro o forse che tutto prima poi torna indietro e che quindi poi soffrirà lei. Ma non ci avevo mai fatto caso, pensavo non te ne fregasse niente di me, ho perso di vista chi provava ad aiutarmi. Scusami “Rotatoria”, ti ho sottovalutato. Perdonami, possiamo tornare ad essere amici se mi aiuti a cancellare certi ricordi e a sostituirli con situazioni nuove e positive.
La cosa peggiore però è quando si incastrano diverse cose che corrispondono esattamente ad un vecchio momento. Con la grande differenza che sei solo. Ad esempio quando vedi quel cartello di “Divieto d’accesso” nell’esatto momento in cui stai ascoltando la stessa canzone che stavi ascoltando quel giorno felice e magari un altro labrador ti passa davanti. Lo so, ho capito. Hai organizzato tu questo dejà vu “Divieto di accesso” per farmi stare male, ti odio sappilo. Non pensavo di starti antipatico.
Il cartello migliore che io abbia conosciuto è il “Rimozione forzata” vicino casa mia, pur di non farmi star male si è fatto rimuovere per lasciar posto ad un “Parcheggio a pagamento” che non mi ricorda nulla. Ti sei sacrificato per me, come posso non considerarti un amico?
State attenti però, perché i cartelli non agiscono da soli, hanno anche dei complici: le panchine, le insegne pubblicitarie, le vetrine dei negozi. Come per gli essere umani ci sono i buoni e i cattivi. Alcuni ti prendono in giro mentre altri provano a reinventarsi per provare a farti costruire un ricordo più bello legato a loro. Ma stavolta starò attento a non dare troppa confidenza a tutti i cartelli.
Non ci si può fidare neanche più loro.
Articolo di Matteo Sportelli