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4 Gennaio 2019 / Arte

Cartoleena. Un’analisi

Su Instagram c’è di tutto: dai maniaci pervertiti che scrivono commenti osceni sotto ai post delle adolescenti in costume ai cantanti, dai pittori ai fumettisti e dagli scrittori ai fashion blogger; ci sono artisti, critici, cuochi, lettori, qualsiasi-cosa-blogger, negozi, grandi firme, gente comune, preadolescenti che postano selfie con filtri improbabili, trentenni che caricano solo foto di viaggi e cinquantenni che chissà perché trovano esteticamente piacevoli le foto scaricate chissà da dove piene di tazze di caffè, gattini glitterati o disegni molto tumblr di gente che guarda il tramonto o legge un libro sotto un salice. Per questa eterogeneità e per il modo in cui funziona, Instagram mi sembra abbastanza pop da meritare attenzione; del resto, ho sempre cercato nei suoi meandri pagine curiose, belle, divertenti, kitsch, trash o semplicemente stupide, e anche se seguo maggiormente blog letterari, scrittori, fumettisti, amici, conoscenti e attori, ho fra le mie preferite certe pagine che sinceramente trovo differenti e – per fortuna – più brillanti del resto del marasma confuso: dico per esempio Cortomiraggi, Pulpbrother, Ventennipaperoni, Fred.jana… e ovviamente Cartoleena.

L’obbiettivo di Cartoleena (il gestore della pagina si chiama Lorenzo Marchionni) è quello di analizzare le cartoline come vere opere d’arte, scavandone i significati nascosti e la semiotica più profonda e scegliendo rigorosamente – fra tutte le cartoline trovate da lui o ricevute da pseudo-groupie e seguaci sfegatati che gli pensano quando viaggiano – solo quelle più brutte.
Ora, io non sono certo un esperto di cartoline, però sembra esserci una specie di regola non scritta per cui una cartolina, per essere esposta in quei girevoli fuori dai tabacchi, debba essere orrenda; voglio dire, io non so chi le pensi e chi le foto-monti, ma – giuro – non ce n’è mai una decente. Per fortuna che c’è Cartoleena, allora, che le trova, le sceglie e infine le restituisce al mondo spiegando la loro “bellezza” – in un modo che definire “pop” è forse riduttivo e “geniale” troppo semplicistico.

L’analisi critica di Lorenzo, infatti, usa un certo linguaggio fintamente accademico per spiegare “seriamente” la composizione del disegno e i “significati” semiotici e psicologici nascosti in esso; usa un linguaggio da criticone per dire – in una cartolina che mostra il Papa sullo sfondo di San Petronio (perché poi, chi lo sa) –, che il Pontefice “si dimena tra le storiche strutture architettoniche del paesaggio bolognese con modalità e gestualità che oserei paragonare a quelle di Godzilla”.
(per carità, si imparano anche un sacco di cose utili (?), eh, come per esempio i font più usati, le scritte più frequenti – i classici “Baci da…”, per dirne una – e i vari topoi – cioè i culi al vento, i collage, le scritte con dentro le immagini…).

Oggi il kitsch e il trash vanno di moda, e probabilmente la gente li adora perché sono esagerati a fanno ridere – ed è divertente guardare scenette pietose di vecchie meteore che tornano in televisione, reality show improbabili o video K-Pop. Oggi, però, va di moda anche il vintage, e conseguentemente proliferano i mercatini dell’usato e i siti di vendita di prodotti di seconda mando – forse perché quest’era digitale è diventata così opprimente che le persone più anziane hanno cominciato a guardarsi indietro e a provare nostalgia per quegli ’80 così edonistici, non so.

Quello che so è che Lorenzo ha scelto per le sue analisi il “supporto visivo” che fondamentalmente unisce il trash e il vintage – e cioè la cartoline –, e ha scelto di trattarle come opere d’arte innalzandole a lavori kitsch; Lorenzo ha deciso, anche, di diffondere il tutto attraverso lo strumento che quasi dieci anni fa ha ammazzato le cartoline, e cioè Instagram – perché che senso ha spedire una solo foto che forse arriva pure dopo il nostro ritorno quando possiamo postare istantaneamente fotografie decisamente migliori e fatte da noi per tutti quanti? Non ne ha, appunto, e infatti le cartoline si sono quasi estinte o sono rimaste – proprio perché vintage, proprio perché trash – reperti fossili esagerati che ci piacciono e ci divertono. Lorenzo, analizzandole in quel modo – e prendendo in giro tutta quell’accademia che sinceramente odiamo nel suo voler parlare forzatamente difficile per compiacere se stessa –, rende il progetto vincente, colorato e – ora lo ammetto – decisamente pop e geniale.

Articolo di Alessandro Mambelli

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