C’è un uomo al Quirinale che durante quest’anno appena conclusosi ha subito le paturnie e gli strattoni (politici) dell’intero arco costituzionale. Da una parte, c’è chi a suo tempo gli aveva scagliato la minaccia di impeachment, per poi successivamente smentirsi e chiamarlo “angelo custode del governo”; c’è chi invece lo ha elogiato con frasi sperticate, come se fosse il salvatore della patria, un deus ex-machina.
Per il discorso di fine anno, i giornali, la stampa e la politica tutta si sono adoperati nel capire da dove penda il Presidente. Un esempio è il titolone de Il Fatto Quotidiano di oggi: Mattarella, l’Italia di Felicizia contro il Sauron-Salvini – L’Italia di “Felicizia” contro il Male di Sauron-Salvini. Titoli che neanche Tolkien avrebbe saputo elaborare.
Dal canto loro, i politici hanno tutti cercato di portare acqua al loro mulino, interpretando a piacimento il contenuto del discorso, nella smania di annoverare il Presidente dalla propria parte. Matteo Salvini ha da parte sua sostenuto:
“Sono contento che il presidente Mattarella abbia cominciato il suo discorso parlando di sicurezza: abbiamo dimostrato che volere è potere, l’Italia ha riconquistato i suoi confini”.
Quando poi, in realtà, Mattarella stesso lo ha sbugiardato elogiando i volontari e tutti coloro che operano nel campo del No-Profit. Un settore, quello del volontariato, su cui graveranno i tagli della manovra fiscale appena approvato dal Governo di cui fa parte lo stesso Salvini. Dall’altro lato dello schieramento politico, è partita invece la gara a base di salamelecchi, omaggi e riverenze nei confronti del Presidente, eleggendolo sostanzialmente a capo dell’opposizione. Graziano Del Rio (PD): “Il Capo dello Stato ci ha ricordato che l’Italia non è fatta solo da chi urla, insulta, vive nella cultura del nemico, ma anche da chi fa il suo dovere e si mette al servizio degli altri”. Un Del Rio, immemore forse di quel suo ex segretario di partito che chiamava i suoi oppositori “gufi”, “professoroni” e “rosiconi”. Ma questa non è “cultura del nemico”. Ma certo.
Si badi bene, qui nessuno vuole togliere meriti a Mattarella. Anzi, l’obiettivo è un altro: “salvare” il Presidente da questo stuolo di odiatori/lodatori professionisti. Tutto ciò, ricordando un concetto fondamentale del nostro ordinamento, che eleva il Presidente della Repubblica al ruolo “arbitro”.
Leggiamo assieme l’incipit dell’articolo 87 della nostra Costituzione:
Il Presidente della Repubblica è il capo dello Stato e rappresenta l’unità nazionale.
Ora, da che mondo è mondo, l’arbitro non parteggia per alcuna delle due squadre. L’arbitro si limita a garantire la correttezza del gioco. Lo stesso Mattarella, nel discorso dell’altra sera, ha suggerito un elemento esemplificativo di questo suo ruolo parlando dell’iter della legge di bilancio appena approvata: “Mi auguro che il governo, il parlamento, i gruppi politici, trovino modo di discutere costruttivamente su quanto avvenuto”.
È un monito in direzione bipartisan. Un monito ad un Governo che cerca di prevaricare sul Parlamento ed un monito all’opposizione, perché sia costruttiva e non si perda in polemiche sterili. Per il resto, liberate Sergio, l’arbitro ostaggio delle opposte tifoserie.