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18 Dicembre 2018 / Politica

L’isola di Lindholm. La soluzione del governo danese per i migranti “indesiderati”

Il  governo danese ha recentemente attirato l’attenzione a causa di una proposta piuttosto controversa. La coalizione di governo guidata dal primo ministro Lars Rasmussen ha infatti programmato il trasferimento dei migranti considerati “indesiderati” su un’isola nel Mar Baltico, l’isola di Lindholm. Questo provvedimento riguarda gli immigrati che hanno ricevuto una condanna, o ai quali è stata respinta la richiesta di asilo e che per svariate ragioni non possono essere rimpatriati.

L’isola di Lindholm si trova a circa 3 km e mezzo dalla costa danese ed è un luogo decisamente inospitale. Grande meno di un km quadrato, da decenni viene utilizzata dall’istituto danese di medicina veterinaria per fare ricerche sulle malattie contagiose degli animali. Sull’isola sono presenti solamente laboratori e i collegamenti con il resto del Paese sono praticamente inesistenti. Il piano, che dovrebbe iniziare ufficialmente nel 2021, prevede la costruzione di nuove strutture per ospitare almeno cento migranti.

La portavoce della proposta è Inger Stojberg, ministro dell’immigrazione, già nota per le sue critiche al Ramadan, e membro del partito Ventre. Invitata a rilasciare dichiarazioni sul possibile trasferimento dei migranti a Lindholm Island, ha affermato che “queste persone sono indesiderate, e se ne accorgeranno”.

Per comprendere meglio le dinamiche che hanno portato a questa decisione, è necessario tenere in considerazione l’attuale scenario politico. Il governo di minoranza attualmente alla guida del Paese ha l’appoggio esterno del Danish People Party, partito di estrema destra. Ogni anno, il Danish People Party richiede sempre maggiori restrizioni all’immigrazione in cambio di voti favorevoli alla legge di bilancio. La coalizione di governo ha quindi inserito questa riforma nella manovra economica, ottenendo in cambio i voti dell’estrema destra. Piuttosto soddisfatto, il Danish People Party ha poi pubblicato su Twitter un breve video in cui un uomo vestito con abbigliamento islamico raggiunge un’isola deserta a bordo di una zattera. Il video è stato indicato come inappropriato e carico di stereotipi razzisti da parte delle opposizioni e dell’opinione pubblica.

Udviste, kriminelle udlændinge har INTET at gøre i Danmark. Indtil vi kan komme af med dem, flytter vi dem nu ud på øen Lindholm i Stege Bugt, hvor de vil have pligt til at opholde sig på det nye udrejsecenter om natten. Og der vil være politi til stede døgnet rundt. Sådan!#dkpol pic.twitter.com/YybG4zkwQi

— Dansk Folkeparti (@DanskDf1995) November 30, 2018

In Danimarca, come nel resto d’Europa, questa notizia ha destato grande preoccupazione. Diverse associazioni umanitarie hanno condannato questa decisione e Louise Holck, direttore esecutivo del Danish Institute for Human Rights, ha affermato che la sua organizzazione “analizzerà il tutto molto da vicino”. Anche la portavoce delle Nazioni Unite Michelle Bachelet ha dichiarato che gli sviluppi di questa faccenda saranno monitorati attentamente. Il Danish Refugee Council ha inoltre parlato di una “macroscopica violazione dei diritti umani” mentre Uffe Elbæk, leader della formazione politica ecologista Alternativet, ha definito la proposta del governo di Copenaghen una “decisione abominevole”.

La Danimarca e non solo

Ad ogni modo, non sono solamente le critiche ad alimentare lo scetticismo di fronte a questo progetto. I costi per effettuare il ricollocamento dei migranti a Lindholm sono piuttosto elevati e si aggirano intorno ai 115 milioni. L’ex ministra per l’Integrazione del partito liberale Birthe Ronn Hornbech ha parlato di un’ insostenibilità dei costi, sia per collegare l’isola alla terraferma sia per gestire i rischi di contaminazione (visto e considerato lo scopo attuale dell’isola).

La Danimarca non sarebbe tuttavia la prima a proporre una soluzione di questo tipo. L’Australia porta avanti ormai da qualche anno la cosiddetta “Pacific Solution”, ovvero il ricollocamento dei migranti su isole prive di contatti con la terraferma. L’ obiettivo dei governi è quello di scoraggiare nuovi arrivi, paventando la possibilità di finire in un luogo remoto ed inospitale. Il caso australiano si è rivelato particolarmente efficace in questo senso, e in futuro potrebbe accadere lo stesso anche per la repubblica scandinava.

Sembra quasi impossibile che proprio la Danimarca, uno degli stati europei più all’avanguardia, stia veramente proponendo tutto questo. Segregare immigrati che hanno avuto problemi con la giustizia su un’isola significa creare un sistema penale parallelo destinato solo ad una parte della popolazione. La decisione di isolare coloro che sono ritenuti “indesiderati” dal resto della società non può essere considerata gestione dell’immigrazione. Il piano di Copenaghen rappresenta semplicemente una soluzione immediata ad un problema molto, forse troppo complesso.

Articolo di Giulia Bazzano

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Riguardo Giulia Bazzano

Da piccola scrivevo interi giornalini da sola, costringendo tutti a leggerli. Ora per mancanza di tempo e risorse (e anche perché scrivere un giornale da soli è una cosa un po’ egocentrica) mi limito agli articoli. Laureata in Scienze Internazionali a Torino e forlivese d'adozione, sono da poco entrata a far parte del clan dei massmediologi. Tuttologa, su Schegge scriverò principalmente di politica e società. Trascorro buona parte della mia vita sui regionali veloci e nel tempo che mi rimane mi divido tra cinema (tra i miei preferiti Wes Anderson, Xavier Dolan e Nanni Moretti), concerti, corse al parco e mostre.

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