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21 Novembre 2018 / Politica

Airbnb si ritira dalle colonie israeliane

Airbnb, dopo anni di pressioni, prende posizione sul conflitto israelo-palestinese

Airbnb ha deciso di non operare più nelle colonie israeliane in Cisgiordania. In una nota la compagnia statunitense ha deciso di cancellare e non permettere più che vengano caricate offerte di appartamenti/stanze/letti gonfibili in affitto, in quegli insediamenti costruiti su modello Truman Show, fatti di villette a schiera e recinzioni controllate dai soldati, che si ergono sulle colline della Cisgiordania. Un pugno nell’occhio, se si pensa all’utilità dei tetti spioventi in Medio-Oriente.

When we applied our decision-making framework, we concluded that we should remove listings in Israeli settlements in the occupied West Bank that are at the core of the dispute between Israelis and Palestinians.

Airbnb

Colonia vicino Nablus, Cisgiordania

La terminologia utilizzata nella nota è importante perché ci fa capire su quale lama sottile Airbnb si sta muovendo. Nella stessa frase – l’unica in tutto l’annuncio che chiarisce gli intenti alla base del comunicato – l’ufficio stampa di Airbnb utilizza “occupato” e “disputa”. I territori in Cisgiordania sono di fatto occupati militarmente. I soldati israeliani presidiano Area C e B, ma fanno il loro ingresso nell’area A quando serve. La divisione in Aree viene dagli accordi di Oslo. Per questo, in Area A l’Autorità Palestinese ha pieno controllo politico e militare; in Area B Israele e Autorità Palestinese condividono la giurisdizione; l’Area C è invece in mani israeliane. (qui una mappa semplice). Tuttavia, Israele preferisce il termine “territori disputati” (qui c’è un video che spiega la posizione israeliana).

Dagli anni ’80, a partire dal governo del primo ministro Menachem Begin (ex-leader del Likud, il partito nazionalista liberale di nuovo al governo con l’attuale leader e primo ministro Netanyahu), Israele incoraggia la popolazione ebraica israeliana a trasferirsi in queste colonie in Cisgiordania. Qui, le tasse e gli affitti sono drasticamente inferiori rispetto a quelli sul territorio israeliano e i collegamenti sono assicurati da strade ad accesso vietato per la popolazione araba. Le colonie mettono a dura prova il sogno della Soluzione dei due stati – il processo che vede la creazione di uno Stato Palestinese coesistente con lo Stato di Israele – oltre a essere ritenute illegali dalle Nazioni Unite.

Yariv Levin, il Ministro del Turismo, minaccia di contrastare Airbnb su tutto il territorio israeliano a meno che la compagnia non cambi idea e abbandoni questa politica “discriminatoria […], vergognosa e miserabile”. Il ministro degli Affari Strategici, Gilad Erdan, dice di volersi rivolgere al governo statunitense, in quanto la compagnia con questa direttiva potrebbe violare la legge anti-boicottaggio statunitense (non la stessa che incolpa due attiviste neozelandesi per la cancellazione del concerto di Lorde a Tel Aviv, questa è statunitense).

Airbnb deve spiegare perché ha preso questa decisione politica razzista contro i cittadini di israeliani

Gilad Erdan, Ministro degli Affari Strategici

Yariv Levin, Ministro del Turismo israeliano

La posizione del Consiglio di Yesha, che si occupa dell’amministrazione delle colonie, sottolinea come Airbnb non si faccia scrupoli nel consentire l’utilizzo della piattaforma in paesi sotto regime dittatoriale e “in luoghi che non hanno alcun rapporto con i diritti umani”, mentre invece si preoccupa di Israele. “Questo è il risultato di anti-semitismo o di una resa al terrorismo – o entrambi”, aggiunge.

A Saeb Erekat, diplomatico dell’Autorità Palestinese, quanto fatto da Airbnb sembra non bastare: Airbnb avrebbe dovuto includere Gerusalemme Est e avrebbe dovuto specificare che le colonie sono illegali e costituiscono crimini di guerra. “Abbiamo richiesto più volte al Consiglio per i Diritti Umani delle Nazioni Unite il database con i nomi delle compagnie che fanno profitti dall’occupazione coloniale israeliana”. Già nel 2016 lo stesso aveva richiesto alla compagnia di smettere di operare in quei territori.

Any international company like Airbnb that profits from the occupation and from our blood must be held accountable and brought to justice

Husam Zomlot
Ambasciatore dell’Autorità Palestinese

Questa infatti è la posizione di molte agenzie palestinesi, le quali accusano Airbnb e altre compagnie di fare profitti dall’occupazione israeliana. In particolare, secondo le critiche, Airbnb avrebbe dovuto specificare per ogni annuncio pubblicato dai coloni che l’alloggio in questione si trova su un territorio in disputa.

Saeb Erekat, diplomatico dell’Autorità Palestinese

L’annuncio di Airbnb arriva un giorno prima della pubblicazione, da parte dell’Osservatorio per i Diritti Umani, di un rapporto dettagliato sulle operazioni della compagnia nelle colonie israeliane. Arving Ganesan, uomo d’affari e direttore dell’Osservatorio, dice che il suo gruppo ha esercitato per anni pressioni su Airbnb, e ora invita altre compagnie a seguire l’esempio.

Peace Now, ONG progressista israeliana, plaude l’annuncio consigliando al governo un modo efficace per eliminare il movimento BDS: porre fine all’occupazione.

Nel frattempo questo è quello che sta accadendo sulle pagine social di Airbnb: com’è che si dice? Leggete i commenti (naturalmente i post non hanno nulla a che vedere con la materia del discorso).

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Articolo di Tommaso Ruggieri

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Riguardo Tommaso Ruggieri

Ho studiato comunicazione a Bologna e per un semestre Media Studies ad Anversa; studio Mass Media e Politica a Forlì e per questo semestre sono a Be'er Sheva per conoscere la società e la politica israeliana. Ho gestito la comunicazione della clinica Spine Center di Bologna e sono stato Caporedattore di Schegge fino al giugno 2018, facendo della storica rivista cartacea questa bella rivista online sulla quale hai fatto click.

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