Il governo del cambiamento e la lotta (mediatica) all’abusivismo
È notizia di ieri che un centinaio di abusivi – allontanati dalla tendopoli sostenuta dal progetto Baobab presso la stazione Tiburtina di Roma – è ritornata a insediare l’area sgomberata. Secondo le dichiarazioni del ministro Salvini, si tratta solo del primo di altri 27 sgomberi in piano per la Capitale. Con l’hashtag #dalleparoleaifatti il vicepremier intende mostrare di proseguire nella realizzazione del programma di campagna elettorale. Una parte del quale è il contrasto ai campi di accoglienza abusivi.
Immediata la polemica delle opposizioni, specialmente quella del Partito Democratico. I Dem sfidano ora il ministro dell’interno a sgomberare anche lo stabile di via Napoleone III, occupato abusivamente da CasaPound. Salvini con un tweet successivo prosegue sullo stesso tema, menzionando un capannone comunale a Foggia occupato abusivamente da 150 Rom.
Abusivismo: la semplificazione non aiuta la risoluzione del problema
Si parla quindi di abuso e si butta nello stesso calderone una serie infinita di situazioni diverse. Le quali entrano in maniera approssimativa in un dibattito politico a dir poco caotico. Sembra anacronistico pretendere coerenza e onestà intellettuale da parte dei partiti in questo determinato momento storico. Tuttavia, preferiremmo comunque chiarire alcuni punti fondamentali della questione.
Nel dibattito attuale entrano in gioco quattro tipi di abuso nella gestione degli immobili.
Il primo, quello che può essere rappresentato benissimo dal caso Baobab. Nella specifico, rientra nella fattispecie dell’occupazione illecita di aree od immobili da parte di associazioni umanitarie che si occupano dell’accoglienza di migranti (regolari o irregolari che siano) e richiedenti asilo. Trattasi di illecito che si compie nel cercare di colmare lacune lasciate da un sistema di accoglienza largamente perfezionabile. Nel caso di Baobab, non si tratta nemmeno di “occupazione di immobile”. Bensì, di “occupazione di area”. Baobab era infatti una tendopoli. A sentire gli abitanti della zona si trattava di una zona di spaccio e di criminalità. Secondo altre fonti, 30 persone dei 150 sgomberati da quella struttura erano regolari richiedenti asilo e degli altri 120 si sta occupando l’ufficio immigrazione della questura di Roma.
Altra cosa è l’occupazione dello stabile di via Napoleone III. Convertito da CasaPound in case-famiglia per famiglie italiane in condizione di povertà, al movimento di estrema destra va riconosciuta una certa attenzione per le classi più deboli. La differenza rispetto al primo caso è la completa impossibilità di risolvere il problema nell’immediatezza.
Da molto tempo a Roma non si costruiscono case popolari e gli affitti di alcune di queste si muovono attorno a cifre superiori ai mille euro al mese. Si tratta di famiglie italiane che non è in nessun caso possibile espatriare o traslocare in centri di accoglienza per richiedenti asilo altrove nel Paese o in altri paesi dell’UE. Il problema qui si presenta più complesso. In particolare, dal punto di vista dell’opinione pubblica. Infatti, anche per una questione meramente elettorale, è più difficile lasciare a se stessa una famiglia di poveri italiani invece che una famiglia di poveri stranieri.
Si potrebbe anche aggiungere che il paese è pieno di sedi di associazioni politiche o parapolitiche occupate irregolarmente, come per esempio i vari CSO. Se l’occupazione non è lesiva degli interessi dei proprietari di solito si tende a non intervenire nemmeno in queste situazioni. Quindi, risulterebbe molto complicato sgomberare lo stabile di via Napoleone III.
Il terzo tipo di abusivismo
Ma c’è anche un terzo tipo di abusivismo che in questa atmosfera di legalità e di lotta al crimine si dovrebbe contrastare. Stiamo parlando dell’abusivismo edilizio vero e proprio. Con differenze nella distribuzione geografica, tutto il paese è costellato da edifici costruiti o modificati abusivamente. Di questi si parla nel Decreto Genova (oggi approvato), quando si proponeva di condonarli, soprattutto nelle aree colpite dai terremoti (Ischia ed Emilia Romagna). Sembra contraddittorio combattere l’abusivismo in questa maniera, per poi essere conniventi nei confronti di gravi infrazioni della legge che portano a conseguenze tragiche. Si pensi, come semplice esempio, al caso della viletta presso il fiume Milicia a Casteldaccia in Sicilia.
Il quarto tipo di abusivismo
Un ultimo tipo di abuso è quello compiuto da comunità di cittadini di etnia prevalentemente Rom. Questo, mediante l’occupazione di aree o stabili disabitati o dismessi. Si tratta dei cosiddetti campi Rom con roulotte e abitazioni di fortuna. Nel caso di quello di Foggia si tratta di uno stabile dove si trovava l’azienda Satel. L’insediamento è stato sgomberato ieri mattina. In questo caso si tratta di un problema diverso, dato che coinvolge anche una parte di cittadini italiani di diversa etnia, per i quali non ha fallito un progetto di accoglienza ma semmai di integrazione da entrambi i lati.
Abusivismo: Il confronto con l’Est Europa
Su questo punto vale la pena di spendere un paio di parole in più. Di realtà come queste è piena l’Europa. Si tratta di minoranze etniche nomadi e particolarmente legate a tradizioni interne, per le quali l’integrazione è ben difficile. Uno dei paesi dell’UE con maggior numero di Rom per totale della popolazione è la Slovacchia, che affronta il problema ormai da molto tempo.
Il caso slovacco
Un esempio lampante tra tutti è stata l’elezione alla presidenza della regione autonoma di Banská Bystrica nel 2013 di Marian Kotleba. Quest’ultimo, fautore di una politica di integrazione dell’etnia Rom attraverso, ad esempio, assunzioni nelle fabbriche. Per far capire quanto sia centrale la questione Rom anche negli altri paesi europei, basta pensare che Kotleba è a capo di un partito di stampo dichiaratamente fascista, che rievoca nelle proprie manifestazioni la guardia fascista slovacca (Hlinkova mladá garda). Il tutto, indossandone anche le uniformi e il saluto.
Si tratta di un partito antieuropeo e altamente xenofobo, incentrato su una ricerca angosciosa degli antenati etnici degli slovacchi. Ciononostante, cavalcando la forza politica della questione Rom, il movimento ha spopolato in zone di estremo interesse storico e culturale per la Slovacchia. Per capirci, è come se venisse eletto governatore della Toscana (culla della letteratura in lingua italiana) un signore di un partito con un fascio sullo stemma; che va in giro per le strade di Firenze in camicia nera cantando Giovinezza, giovinezza e salutasse i compagni di partito urlando “Eia, Eia! Alalà!” cercando tra i resti degli Etruschi i geni dell’antenato italico. Grazie ad una sapiente politica mediatica l’opposizione democratica (cattolica, di destra o di sinistra che sia) è riuscita ad arginare il fenomeno e Kotleba ha perso alle successive amministrative.
Lo stesso problema però è diventato parte di altre realtà politiche sicuramente più democratiche. Il sindaco della seconda più grande città della Slovacchia, Košice, eletto due settimane fa alle comunali, ha posto l’accento nel suo programma elettorale sul quartiere Luník IX della città. Questa zona è in attesa di una gentryfication dopo l’occupazione irregolare da parte di comunità di etnia Rom.

Una panoramica del Luník IX
Ma si potrebbe parlare anche del comune di Malacky, dove il trasferimento forzato di una comunità Rom ha creato non pochi problemi agli abitanti del luogo e all’amministrazione costretta all’impegno costante 24/7 di forze armate per il mantenimento dell’ordine pubblico nella zona. Dopo anni di continue proteste degli abitanti del comune dell’ovest slovacco, l’insediamento quest’anno è stato di nuovo trasferito.

Il campo di Malacky
Gli altri casi in Italia
Ma situazioni del genere le troviamo anche in Italia. Nel quartiere di San Pio X di Vicenza lo stabile dell’ex Enel è stato sgomberato più volte dal 2013 in poi. A Rimini, nella frazione Orsoleto, si sono fatte sentire l’estate scorsa le voci di protesta degli abitanti contro il trasferimento di un insediamento nomade, seppur autorizzato e promosso dal comune. Come ha detto Virginia Raggi a Di Martedì pochi giorni fa, sicuramente non è la ruspa o lo sgombero a risolvere questo problema, con persone che si rimbalzano un ospite indesiderato. Si dovrebbero a mio avviso cercare soluzioni meno sceniche e più efficaci nel lungo tempo per queste situazioni. Anche se il governo del cambiamento non ammette deroghe all’immediatezza e sconti alla drasticità dei provvedimenti che vengono venduti come risposte definitive a determinati problemi.
Articolo di Francesco Gallo