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13 Novembre 2018 / Politica

Uppgivenhetssyndrom: la sindrome del rifugiato

“Uppgivenhetsyndrom” significa letteralmente “la sindrome della rassegnazione”. Si tratta di un disturbo psicologico che colpisce solamente bambini e adolescenti che vivono in Svezia. Le vittime, sono tutti figli dei migranti, a cui il governo svedese ha revocato lo status di rifugiato e il permesso di residenza. I bambini che sviluppano questo disturbo dissociativo, cadono in uno stato catatonico, incapaci di reagire agli stimoli vitali, restano paralizzati nel loro letto e sono costretti a nutrirsi tramite un sondino.

Lo scatto che racconta questa sindrome è di Magnus Wennman, vincitore della categoria Persone di World Press Photo 2018. La foto di Wennman, realizzata per il reportage di Rachel Aviv, per il New Yorker, ritrae due sorelle di etnia rom che dormono in un sonno profondo. Djeneta di 12 anni e Ibadeta di 15, sono  figlie di rifugiati kosovari, ospiti a Horndal, in Svezia. Da circa due anni e mezzo, le ragazze non sono più in grado di camminare, mangiare e bere autonomamente. La perdita totale di sensibilità agli stimoli fisici è causata da un forte trauma, stress e depressione, derivanti dalla situazione di precario equilibrio in cui vivono i rifugiati in Svezia.

 

 

I primi casi di bambini affetti dalla Resignation syndrome si registrano negli anni duemila. Solo nel 2014, la malattia è stata formalmente riconosciuta come tale dalle autorità sanitarie del paese. Il trauma derivante dalla prospettiva di un espulsione imminente provoca uno status di apatia patologica. Molti ragazzi presentano sintomatologie di coma, distaccandosi dal mondo, si lasciano morire.

I numeri

La Svezia, da sempre incarna un modello di welfare e di diritti umani. Nel 2016, è stato l’unico dell’Europa ad accogliere il numero più alto di migranti in relazione alla sua popolazione, ovvero 230.164 rifugiati. Le richieste di asilo sono state 28.790, ma il paese ne ha accolti molti di meno rispetto all’anno precedente. Un problema serio che  da sempre il paese affronta, è quello dei minori non accompagnati. Durante la guerra d’Iraq, ogni anno sono arrivati circa 400 bambini senza genitori. Nel 2014, il numero dei minori non accompagnati è salito a 7.000 all’anno. Il governo ha bloccato le richieste causando un calo drastico delle domande e accelerando le pratiche di espulsione. Molte famiglie, specialmente afgane, si sono ritrovate “sfrattate” da quello che ritenevano ormai la loro casa.

Come funziona il diritto d’asilo in Svezia?

Il tradizionale sistema di accoglienza svedese è gestito dalla Swedish Migration Board. Il riconoscimento dello status di rifugiato, garantisce il permesso di soggiorno, e i tempi di attesa sono al massimo sei mesi. Ai richiedenti asilo viene concesso una sistemazione provvisoria in un alloggio in condivisione. Anche le spese necessarie per il sostentamento vengono gestiti direttamente dalla SMB. La residenza permanente viene concessa a pratiche concluse. Il programma di assistenza e integrazione è accompagnato da corsi di lingua, sostegno economico e aiuto nella ricerca del primo impiego, tramite lo Swedish Public Employment. Il ricorso per affrontare il respingimento della richiesta di asilo è gestito dalla Migration Court, il grado ulteriore di appello Migration High Court. La Svezia ha tutte le carte in regola per essere una efficientissima macchina d’accoglienza.

Anche il sistema svedese sta subendo i colpi della grave crisi migratoria proveniente dal Medio Oriente. L’alto numero dei richiedenti asilo non soddisfa la carenza degli alloggi disponibili per i migranti. Le tensioni tra le comunità stanno aumentando e il bilancio dello stato sacrifica le spese per le politiche sociali destinati ai rifugiati, accelerando le pratiche di espulsione. Come sempre, a pagarne i costi sono i bambini.

Articolo di Sila Dzhikhan

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Riguardo Sila Dzhikhan

Nasce a Samsun nel 1994. Consegue la laurea triennale in Scienze Internazionali a Torino. Scopre la vocazione per la politica e questa la porta a trasferirsi a Forlì per studiare Mass Media e Politica. Appassionata di lingue, gatti e viaggi in treno, sogna un giorno di diventare una reporter.

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