Un giorno perso tra gli scaffali di una vecchia biblioteca di un paesino vicino a Milano, mi imbattei in un piccolo libro, una raccolta epistolare: “Lettere di un innamorato cronico”. ll titolo mi folgorò, sono da sempre affascinato dagli amori, dalle emozioni e dalla malinconia. Chi scrive d’amore per me è da ammirare. E’ un mettersi in gioco, è un non aver paura di aprirsi verso chi ti sta dando la felicità o te la sta levando.
Il libro mi piace, polveroso, profuma di passato.
Cominciai a sfogliarlo e rimasi colpito dai pensieri scritti a pagina 25:
“16 aprile 1956
Sono stanco, sì, sono stanco di vederti anche se non ci sei.
Non esiste soluzione al problema, se non quella di non ricercarti più negli sguardi delle donne che conosco, negli attimi che vorrei vivere con te, nei luoghi che vorrei vedere con te. E come si può risolvere questo mio rimpianto, come si può non pensare di aver sbagliato qualcosa, di non aver saputo gestire un carico di sensazioni con cui raramente ci si trova ad avere a che fare alla nostra età. Il problema continuerà ad esistere, chissà per quanto. Chissà quando mi sveglierò e potrò finalmente fare i conti con un inizio in cui tu non rappresenti più l’unica soluzione al problema. Purtroppo ora non sono ancora pronto, sono ancora qui a cercare di reinventarmi per poter essere l’uomo che immagini tu.
Ti rimpiango. Rimpiango quello che ho fatto, rimpiango che forse avrei potuto comportarmi diversamente, ho sbagliato i modi, ho sbagliato i tempi, non ti ho capita. Eppure ho capito cosa vuoi, ma non ho saputo darti quello che volevi, per la mia fretta, la mia incapacità di non darmi del tutto.
Scrivo quello che mi passa per la testa. Ci sono dei giorni in cui non ti penso, in cui riesco a fare i conti con la mia quotidianità, in cui non rappresenti il problema ma soltanto un bellissimo ricordo. Ma almeno un minuto di ogni mia giornata lo trascorro pensandoti, come fossi una presenza ingombrante che non riesce ad uscire dalla mia testa.
Vorrei sapere cosa ho trovato in te, vorrei sapere che cosa mi hai fatto, vorrei sapere che cosa ho immaginato cont te. Spero che riuscirò a trovare risposta a queste mie domande ma nel frattempo immaginarti è l’unica cosa che mi riesce bene.
Quanti viaggi avevo fatto nella mia mente, quanto mi sono illuso pensando di aver trovato ciò che cercavo. E nonostante tutto penso ancora di averlo trovato, nonostante le distanze, nonostante il tempo passi, nonostante non sia più niente per te. Penso ancora che tu abbia tanto da darmi, forse per colpa mia, per colpa dell’idealista che sono. Per colpa dell’aver visto in te tutte le caratteristiche di ciò che vorrei. Dalla più piccola cazzata al più grande tra i tuoi dettagli. Non è la prima volta che scrivo per te, e non smetterò di farlo.
Sembra la lettera di un innamorato cronico, la lettera di una persona che è intrappolata in un sentimento non corrisposto, il pensiero di chi pensava di aver trovato finalmente il sogno in una realtà che non l’aveva mai pienamente soddisfatto. Non è niente di tutto questo. O forse lo è?
Nel frattempo sono qui. Puntuale. Non lasciamo passare tutto.”
Sono fermo, immobile, impietrito davanti a questo flusso di pensieri così sublime, così pieno di realtà. Divento malinconico. Chissà se avrò mai la fortuna di provare ciò che ha provato quest’uomo. Vorrei provare io certe emozioni, e tentare di scrivere per te, persona che devo ancora incontrare.
Chissà dove ti troverò, chissà se ti troverò. Magari ti troverò in una piazza, in un locale, in una libreria, ad una festa. Magari capirò da subito che il tuo sguardo è quello che cerco o magari lo capirò dopo settimane, mesi o anni. Quanto è imprevedibile l’amore, quanto è sfuggente, quanto può essere complice e allo stesso tempo il più grande nemico. Ma io sono qui, e mi immagino l’amore seduto ad aspettare, per fare quattro chiacchiere, per provare a capire se si può vivere anche senza di lui. Io dico di no.
Vorrei essere io l’innamorato cronico della raccolta epistolare, che continuo a sfogliare…