La tampon tax e la spesa della donna durante “quel periodo del mese”
Ogni donna nella vita deve fare i conti con le mestruazioni. Più o meno doloroso, più o meno abbondante, quello che noi erroneamente chiamiamo “il ciclo” caratterizza tre, cinque, anche sette giorni del mese di ogni donna portandosi dietro una serie di effetti tanto fisici quanto psicologici. Le conseguenze che però spesso non si prendono in considerazione, pur essendo tutt’altro che banali, sono quelle che subisce il nostro portafogli.
Nel corso della vita ogni donna vive circa 40 anni di fertilità, in ognuno dei quali affronta 13 mestruazioni. Ognuna di queste corrisponde in media a una ventina di assorbenti e, considerando che un pacco da 14 in Italia costa circa 4 euro, ogni donna spende solo in assorbenti più di 100 euro all’anno. Una parte consistente del prezzo che andiamo a pagare consiste però nella cosiddetta tampon tax, la tassa che appunto si paga sugli assorbenti.
La legislazione sull’IVA in Italia
L’IVA, imposta sul valore aggiunto, è una tassa che si applica ad ogni fase del processo produttivo e che ricade poi sul prezzo finale del bene e, dunque, sul consumatore. La nostra legislazione pone l’aliquota per i beni ordinari, ossia la maggioranza di ciò che compriamo, pari al 22% mentre sono pochissimi i beni esenti, fra i quali le monete e giochi come il lotto. C’è poi una serie di beni primari e deteriorabili sottoposti a un’aliquota del 4% (alimentari primari come latte e frutta ma anche giornali o volantini elettorali), un piccolo gruppo di beni tassati al 5% e infine un gruppo composto dalla stragrande maggioranza degli alimenti, da medicinali e da servizi come spettacoli e trasporti a cui corrisponde un’IVA del 10%. Nell’ambito di questo quadro normativo, gli assorbenti sia esterni che interni appartengono ai beni ordinari e sono per questo tassati con l’aliquota massima.
In Italia, in sostanza, gli assorbenti, così come le coppette mestruali ancora non molto diffuse nel nostro paese, non sono considerati beni primari necessari. Come se una donna potesse farne a meno durante le mestruazioni. Come se fossero un lusso e non un bisogno. Sembra quasi paradossale il fatto che alimenti come il tartufo siano considerati “più necessari” rispetto ai beni per l’igiene durante le mestruazioni e ad altri per la cura del bambino, primi fra tutti i pannolini.
Cosa succede nel resto del mondo
La situazione a livello internazionale è in via di miglioramento. In paesi come Francia, Regno Unito, Belgio e Olanda le aliquote sono state abbassate al 5,5% nei primi due e al 6% negli altri. In alcuni Stati fra i quali Scozia, Irlanda, Canada e Kenya la tampon tax è stata addirittura completamente abolita. La Scozia ha inoltre messo a punto delle politiche di distribuzione gratuita per le donne in condizioni economiche di particolare difficoltà.
Queste politiche testimoniano un avanzamento sul tema, ma ancora tanti passi in avanti vanno fatti. Come dichiarato da Laura Coryton, promotrice della petizione su change.org per l’abolizione della tampon tax,
tassando le donne che hanno il ciclo mestruale, i governi sottintendono che sia un lusso per loro partecipare nella vita pubblica una volta al mese e che la società non valorizza il loro contributo. Si tratta di un concetto inaccurato e arcaico.
Ancora tanto da fare
La questione è quindi tanto umana quanto politica. Soprattutto, bisogna uscire dalla mentalità che riguardi solo le donne. La donna ha le mestruazioni ma queste devono essere considerate come naturali, non argomento taboo, anche dagli uomini. Chi è fidanzato, sposato, chi è o sarà padre di una figlia, chiunque prima o poi farà i conti con le mestruazioni e tutto ciò che implicano. Conti tanto mentali quanto economici.
Le mestruazioni sono, nel bene e nel male, parte integrante della vita di ogni donna e il prezzo di assorbenti e coppette mestruali (ma anche di antidolorifici, pillole e tutti gli altri beni che hanno a che fare con la vita intima della donna) è una questione non solo femminile ma umana. Possibile, partito di Giuseppe Civati, aveva depositato nel gennaio del 2016 una proposta di legge per la riduzione dell’aliquota al 4 per cento, dal 22 attuale. La proposta non è stata però ancora messa in discussione.
Per cambiare le cose c’è bisogno del contributo delle Istituzioni ma c’è anche bisogno che tutti capiscano che il problema non è solo delle donne. Il problema è di tutti noi, come Stato e come società civile. Il problema sta nel fatto che tassare in questo modo prodotti necessari durante una parte della vita femminile è un po’ come tassare l’essere donna, è un po’ come regredire. Noi tutti siamo molto meglio di così.
Articolo di Martina Mastellone