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25 Ottobre 2018 / Musica

L’alternative rock made in Modena: intervista ai Kaos India

Living in obscurity

I am light for who’s able to see

(Kaos India – Island)

Così si raccontano nei versi di una loro canzone i Kaos India, gruppo alternative rock modenese formata da Mattia Camurri (chitarra e voce), Francesco Sireno (chitarra), Vincenzo Moreo (basso) e Joe Schiaffi (batteria). A contraddistinguere le sonorità dei Kaos India, vi sono delle sonorità calde e ricche di effetti per chitarra, una sezione ritmica ben scandita e delle voci soffuse, che strizzano l’occhio all’indie rock più internazionale. Dopo due EP autoprodotti e una sfilza interminabile di concerti a spasso per l’Italia e per l’Europa, la band è al lavoro su un nuovo album per Universal, anticipato dal singolo Half. Una band con tanta esperienza alle spalle, che li ha portati persino ad aprire un concerto dei Placebo, ma con ancora tanta voglia di imparare e rimettersi in gioco, come ci raccontano in questa intervista esclusiva per Schegge.

Dal 2011 al 2018, ben 7 anni di esperienza in studio e sui palchi: come si è evoluta la band? Com’è lavorare insieme dopo tutti questi anni?

In questi 7 anni, la band si è evoluta tantissimo. Eravamo amici già prima di intraprendere questo viaggio, ma il tempo speso insieme in sala prove e durante i concerti ha rafforzato il nostro legame. Questo ha giovato tantissimo alla composizione. Nel tempo, si sono evoluti anche i nostri ascolti musicali e questo ci ha permesso di trovare una via comune e condivisa per creare il nostro stile personale.

Com’è stato il passaggio dalla musica indipendente all’approccio con un produttore? Come ne è stato influenzato il vostro sound?

Il produttore è quella figura mitologica da molti sconosciuta che permette a un gruppo musicale di raggiungere il 100% della propria potenzialità. È quella persona in grado di trasformare un diamante grezzo in uno raffinato. Certo, alla base la musica deve essere comunque buona, ma un produttore è importante per ogni band che voglia fare un salto di qualità rilevante. Il suo lavoro permette di acquisire un sound più definito e maggiore consapevolezza del proprio lavoro e della direzione in cui si sta andando. È oggi per noi irrinunciabile. 

A tal proposito, parliamo della vostra ultima fatica, il singolo “Half”: come si inserisce nell’album di prossima uscita?

“Half” è un brano nato in maniera molto naturale, scritto davvero in breve tempo. Parla del desiderio di scoprire cosa ancora manca nella propria vita, di cosa succederà in futuro insomma! Nessun altro brano avrebbe potuto aprire meglio le danze, anticipando un disco nuovo per noi così importante. “The best is yet to come” (il meglio deve ancora arrivare, ndt), come dicono oltremanica.

In un sound in continua evoluzione, cosa dobbiamo aspettarci dal vostro prossimo album?

Kaos India sinceri e autentici come sempre, ma in maniera più definita, più fresca e con meno fronzoli.  L’album che sta per uscire è frutto di ore e ore di duro lavoro, che finalmente hanno portato al risultato desiderato. È sicuramente per noi un nuovo punto di partenza, più che un semplice punto di arrivo. Siamo positivi per il futuro.

La dimensione live è molto importante per voi: secondo voi quanto questo contribuisce alla costruzione dell’identità della band? Avete un brano che non può mai mancare in scaletta, e perché?

Il live è il fine vero di un gruppo musicale, il concerto è il momento in cui personalmente consegni il contenuto emozionale che hai creato al pubblico. È il momento di massima emozione e condivisione per il gruppo, quindi altamente formante. È una sorta di viaggio con variabili che ogni volta ne definiscono l’unicità. Di solito, il brano che non può mancare in scaletta è l’ultimo che abbiamo scritto. Abbiamo talmente tanta voglia di condividerlo con il mondo che non riusciamo a tenerlo dentro.

Raccontateci un aneddoto nascosto dietro la composizione di un vostro pezzo!

C’è un brano presente nel nuovo album, intitolato “Don’t Stop”, che nasce proprio dalle nostre esperienze di tour. Per raccontarne una, ricordiamo un locale in Serbia in cui suonammo dopo un viaggio interminabile alcuni anni fa. Il gestore del posto ci accolse offrendoci un giro di birre dicendo poi che avremmo dovuto pagare le successive, ma che invece potevamo bere gratuitamente tutta la Rakija (liquore molto popolare nei Balcani) che volevamo. Potete immaginare le nostre condizioni a fine serata. Per non parlare dell’alloggio: sembrava uscito dal film Trainspotting! Dopo un paio di scomode ore di sonno fatte mentre il sole già sorgeva, metà di noi corse fuori a restituire abbondanti quantità di Rakija al suolo serbo, mentre l’altra metà la rese al lavandino dell’alloggio che però, essendo sprovvisto di tubo di scarico, preferì riversarla sulle nostre scarpe. Nonostante tutto, poco dopo ci siamo rimessi in viaggio per affrontare le 8 ore che ci separavano dal nostro prossimo concerto. Questa e altre vicissitudini hanno ispirato la canzone che è fondamentalmente un invito a non mollare, anche quando stai nuotando in un mare di merda o quando un lavandino senza scarico vomita sui tuoi piedi la notte appena passata.

Si ringraziano i ragazzi della band, per l’entusiasmo e la disponibilità. Vi abbiamo incuriosito? Noi di Schegge abbiamo preparato una piccola playlist per guidarvi nell’ascolto:

Articolo di Ivana Murianni

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Riguardo Ivana Murianni

Classe '95, studentessa di Mass Media e Politica. Retrogamer nostalgica, sceneggiatrice esordiente e bassista dall'animo rock, potrebbe essere avvistata mentre corre in giro per il mondo, persa nei suoi pensieri.

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