Quanti di noi ogni giorno si chiedono come sarebbe passare un giorno lontani dai propri smartphone?
Ammettiamolo: è troppo comodo avere tutto a portata di dito, talmente comodo che smettere di farsi domande, vagare con l’immaginazione o fare semplici operazioni matematiche è ormai una condizione ordinaria. Non ce n’è più bisogno, basta infilare una mano in una tasca, estrarre il nostro fantastico smartphone ed il gioco è fatto. Il meraviglioso mondo del web ci apre le porte alla sua infinita conoscenza. Tuttavia, ogni cosa ha un prezzo.
L’altra faccia della medaglia ci porta a sbattere dritti contro la realtà. Questa smisurata semplicità di accesso alla conoscenza in realtà intorpidisce il nostro cervello e ci rende pigri.
È stato scientificamente provato che difficilmente il nostro cervello memorizzi informazioni apprese sommariamente e frettolosamente, ma soprattutto si abitua alla loro facilità di accesso. Sto parlando della ormai nota amnesia digitale, meglio conosciuta come Google Effect.
Che cos’è il Google Effect?
Le principali conseguenze di tutto questo sono un declino delle capacità mnemoniche (come una sempre più frequente sensazione di avere delle parole “sulla punta della lingua”) e cali dell’attenzione durante la lettura. Questo si piega per il fatto che l’informazione è facilmente accessibile in ogni momento, sgravando il cervello del compito della memorizzazione.
Kaspersky, un’importante software house nel settore della sicurezza informatica, ha condotto degli studi in merito a questo dilagante fenomeno. Gli esiti sono stati a dir poco preoccupanti. Da un’indagine a campione è emerso che a soffrire di questo disturbo, in maggioranza, sono proprio le nuove generazioni. In particolare, le persone più colpite sono quelle della fascia di età compresa fra i 15 ed i 25 anni; sono in continua “lotta” contro la loro stessa memoria e finiscono per indebolirsi anche da un punto di vista psicologico. Questo dipende dal fatto che la memoria digitale non genera esperienze reali, ma solo notizie volatili che portano man mano ad un regresso culturale e storico.
Questa escalation di “effetti collaterali” priva progressivamente anche la capacità di opinione, di giudizio, su vicende e su fatti che a cadono nella vita quotidiana. Il motivo è che di fatto mancano quelli che sono i riferimenti storici ed i termini di paragone.
Non è mia intenzione generare degli allarmismi. Personalmente, senza l’assistenza della tecnologia non riuscirei a svolgere la metà dei miei compiti lavorativi e quasi tutti i miei hobbies.
Il futuro della tecnologia tra “romanticismo” e adattamento umano
È indubbio che, d’altra parte, la tecnologia ci potenzi, ci semplifichi la vita, il lavoro, lo studio, la socializzazione e tanti altri aspetti della nostra vita quotidiana. Si plasma alla perfezione con le nostre vite e diventa sempre più indispensabile, tanto da renderci ormai impossibile anche solo immaginare di passare anche solo un giorno senza i nostri amati devices.
Innegabilmente, avrebbe del romantico un ritorno ai nostri libri di carta stampata, ai vecchi quaderni di ricette intrisi di mille profumi, al godersi un buon pasto senza prima fotografarlo o semplicemente fare una sana passeggiata e tenerci per noi il ricordo di un buon panorama.
A questo punto alcune domande sorgono spontanee: la tecnologia ci rende davvero liberi o ne siamo inconsapevolmente schiavi? Siamo noi a tenere in pugno il mondo digitale o si verifica il contrario?
Sarebbe un discorso dalle mille sfaccettature e anche troppo complesso da analizzare in poche righe, sicuramente ne siamo pienamente assuefatti, anche per colpa (oppure merito?) della formidabile capacità di adattamento dell’essere umano.
Articolo di Giuseppe Marinaccio