In questi primi giorni di agosto, alcuni italiani incominciano ad assaporare le ferie ed altri, invece, magari ritornano al lavoro. Nel frattempo, la politica ed il Governo devono fare i conti con alcune scadenze importanti.
In queste ultime settimane i toni stanno salendo esponenzialmente. Stanno crescendo sui temi che, sin dalla scorsa campagna elettorale, sono i cavalli di battaglia del ministro degli Interni Matteo Salvini e dell’entourage leghista. E dunque, pensiamo al razzismo montante, al caso del ferimento dell’atleta azzurra Daisy Osakue, colpita – ironia della sorte – dalle uova lanciate da un doblò sul quale viaggiava il figlio di un consigliere comunale del PD.
Per non parlare poi delle sparate del braccio destro di Salvini, il ministro Lorenzo Fontana. Ed ecco quindi la recente volontà, da parte sua, di rivedere la Legge Mancino. Questa legge, in vigore dal 25 giugno 1993, prende il nome dell’allora ministro degli Interni. Stiamo parlando del democristiano Nicola Mancino. Tale legge è il principale (se non l’unico) strumento in mano allo Stato per reprimere e sanzionare gesti ed azioni di odio e di discriminazione su base etnica e razziale.

L’ex ministro degli Interni Nicola Mancino
Non pensare all’elefante! Quando la teoria ci fa capire l’attualità.
Dopo la surreale proposta, si è scatenato come sempre il parapiglia, la polarizzazione nei due schieramenti contrapposti. E non sbaglia chi rievoca, per capire queste dinamiche, un saggio importante per la comunicazione politica come quello scritto qualche anno fa dal linguista americano George Lakoff. Il saggio si intitola Non pensare all’elefante!, ed è più che mai attuale.
Con questo saggio, Lakoff ci fa capire quanto sia importante non cadere e non farsi attirare nel terreno e nel linguaggio della discussione della parte politica a cui ci si oppone. Per Lakoff, gli “elefanti” sono, per l’appunto, gli argomenti e, molto spesso, i “parafulmini” che una parte politica avanza per attirare a sé l’attenzione della parte politica opposta. Il più delle volte quest’ultima viene così distratta dal suo reale compito di opposizione, entrando in un campo di discussione favorevole a chi il “parafulmine” l’ha creato.
Ma, dunque, nel caso italiano quali sono gli “elefanti” e cosa nascondono? Esempi di “elefanti”, molto semplicemente, sono proprio le proposte/sparate del ministro Fontana. Prima con le dichiarazioni che negano l’esistenza delle famiglie arcobaleno e, dopo, con la volontà ultima di modificare la legge Mancino, il ministro Fontana agisce come “arma di distrazione di massa”.
Il suo compito, in sostanza, è spararla grossa, attirando così gli avversari su terreni paludosi. Distraendo dall’attuazione di quello che è il programma di Governo, il famoso “Contratto per il Governo del cambiamento“.

Il ministro della Famiglia Lorenzo Fontana
Cosa nascondono gli “elefanti”?
Abbiamo portato quindi l’esempio di alcuni esemplari di “elefanti”. Questi argomenti, come abbiamo detto prima, hanno il compito di distrarre e, soprattutto, di nascondere. Nascondere, ad esempio, le scadenze agostane ed autunnali della politica e del Governo.
Flat Tax, Reddito di Cittadinanza e Legge di Bilancio
Oltre al decreto dignità firmato da Di Maio, di Flat Tax e reddito di cittadinanza (i punti fondamentali del programma delle due forze che sorreggono il Governo giallo-verde) se ne parla poco. Il ministro dell’Economia Tria, due giorni fa, ha sostenuto che Flat Tax e reddito di cittadinanza sono possibili in solo colpo. Ma c’è un “non-detto”, ovvero il fatto che resta il problema delle coperture.
Al fine di rispettare i vincoli europei per evitare che scattino le cosiddette “clausole di salvaguardia”, ci potrebbe essere il rischio di un nuovo aumento dell’Iva. La legge di bilancio 2019, che si discuterà in autunno, è una scadenza importante su questo punto. D’altronde, ciò che va detto, è che a manovre di spesa come Flat Tax e reddito di cittadinanza bisogna necessariamente trovare le coperture economiche. In sostanza, manovre di segno opposto che compensino la spesa e portino denaro nelle casse statali. Secondo le previsioni, infatti, e prossima legge di Bilancio porterà con sé quasi 20 miliardi da pagare tra clausole di salvaguardia, oneri vari e spesa sugli interessi.
Il Milleproroghe e la questione vaccini
Nell giornata di ieri c’è poi stata un’altra scadenza importante: la votazione in Senato per l’approvazione del Decreto Milleproroghe. Approvato dal Senato dopo una bagarre in aula, il testo passa alla Camera per l’approvazione definitiva. I numeri ci sono, ma il decreto mille proroghe non verrà approvato prima della pausa estiva. Di esso ha fatto discutere il passaggio dell’emendamento di modifica del testo, a firma sia del M5s che della Lega nelle persone delle parlamentari Paola Taverna e Silvia Fregolent.
L’emendamento farebbe slittare di un anno l’obbligo vaccinale per l’ammissione dei bimbi dai zero ai sei anni a scuola. L’emendamento ha messo in difficoltà pure la titolare del ministero della Salute Giulia Grillo. Quest’ultima, a luglio, aveva diramato la circolare che modificava la disciplina dell’obbligatorietà delle vaccinazioni per i bambini che dovevano iscriversi alla scuola primaria. Come espresso da Giulia Grillo, l’obbligatorietà viene sostituita dall’autocertificazione della famiglia.
Di fatto, con tale emendamento verrebbe slittato di un anno l’obbligo nel presentare i certificati di vaccinazione. In mancanza però, prima di settembre, dell’approvazione finale del Milleproroghe, la materia rimane regolata dalla circolare del ministro del Salute. Quindi, basteranno le autocertificazioni, anche se la materia rimarrà confusa. Una misura, quella dell’autocertificazione, che ha non poco indispettito il fronte No-Vax che vorrebbe il completo smantellamento dell’obbligo vaccinale imposto dal precedente decreto Lorenzin.
Il caso Ilva
Sempre ieri, alle 13, si è svolta una riunione straordinaria presso il Ministero dello Sviluppo economico per discutere nuovamente sull’affare Ilva-ArcelorMittal. A presiedere il tavolo, il titolare del ministero Luigi Di Maio. Di fronte a lui, le due parti in gioco: i sindacati rappresentanti dei lavoratori e gli uomini del colosso indiano ArcelorMittal. Quest’ultimo è il maggior azionista della cordata Am Investco Italy, che si è aggiudicato l’amministrazione dell’Ilva.
La trattativa tra il ministero dello Sviluppo ed il colosso indiano sta procedendo da mesi. Gli indiani hanno proposto un piano di riqualificazione importante, ma il nodo restano le assunzioni. Al centro del tavolo di discussione, c’è stata la questione dei circa 4mila lavoratori a rischio licenziamento, a fronte dei 10mila che hanno ricevuto garanzia di assunzione da parte dell’ArcelorMittal. I sindacati hanno spinto per l’assunzione anche dei restanti 4mila, ma l’azienda frena. ArcelorMittal ha infatti confermato la decisione di portare a termine 3mila esuberi. Di Maio si è detto a questo proposito preoccupato.

Un’immagine dell’Ilva di Taranto
Il caso Tap e Tav
A dividere il governo giallo-verde, come se non bastasse, è in ultima lo spinoso caso della realizzazione di due opere infrastrutturali che da mesi (se non da anni) stanno facendo discutere. Stiamo parlando ovviamente della TAV e del TAP. La prima è la rete ferroviaria ad alta velocità di 253 km che collegherebbe Torino a Lione. Il secondo è il gasdotto trans-adriatico che trasporterebbe metano e gas naturale dal Mar Caspio all’Europa a partire dal 2020.
In questi giorni si stanno levando le polemiche, ed emergono su questo tema le due anime del governo. Da una parte, quella grillina delle origini, con il netto No alle due grandi opere (nella giornata di ieri, sul tema, Alessandro Di Battista ha richiamato all’ordine attraverso una diretta Facebook da Puerto Escondido). Dall’altra parte, c’è invece l’anima e la base imprenditoriale della Lega, la quale, al Nord, ha fatto incetta di voti anche tra chi la TAV la desidera ardentemente.
Salvini parla di un’analisi costi-benefici per valutare la fattibilità e la bontà delle due Grandi opere. I comitati NO-TAP e NO-TAV invece invitano i referenti del M5s a non indietreggiare sul No alle due opere.
Da parte sua, il ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti Danilo Toninelli ha detto: “Intanto, certo è che gli sprechi legati alle linee Tav sono sotto gli occhi di tutti – ha spiegato ancora – e sono stati stigmatizzati dalla Corte dei conti Ue, secondo cui l’Italia spende il doppio per chilometro, in alcuni casi quasi il triplo, rispetto agli altri grandi Paesi Ue”. E, di questo passo, per sapere se l’opera si farà o meno, si dovrà aspettare a fine anno.

Mappa dei principali corridoi europei (TAV linea rossa tra Torino e Lione; TAP linea tratteggiata rosa)
La realtà dietro alle sparate
Questi sono dunque i punti spinosi che mettono in difficoltà il Governo e la politica in queste ultime ore e in questi primi giorni di agosto. Dei punti sui quali il Governo sta dimostrando tutto tranne che sicurezza e capacità decisionale. Ma si fanno fatica a vedere se si badano più agli “elefanti” e alle sparate assurde del singolare Ministro Fontana.
Articolo di Federico Gonzato